L'11 settembre del 1980 vidi qui a Sanremo il primo concerto della mia vita. In una specie di cortile a bordo strada, impreziosito da due canestri da basket, suonavano i Ramones. Fu un concerto breve, come tutti quelli che hanno sempre fatto: inevitabile per chi teneva una media di due concerti a settimana. Il mio amico Eugenio vomitò anche per il troppo rumore. Questo forse mi vale come bonus-perdono per essere qui oggi, o forse è solo un'aggravante. Molti amici - preoccupati per la mia presenza al Festival - mi chiedono come sta andando. Gli rispondo qui.
La mia trasferta è iniziata nel peggiore dei modi: dimenticando il Mac ai controlli del gate. Disattenzione? No. Solo parte di un disegno superiore. È stato voluto che io passassi questi cinque giorni sanremesi senza altre distrazioni che il Festival. Privarmi del Mac era un piano che nemmeno il diavolo avrebbe potuto concepire, quindi ci ho pensato io da solo. Questo post è infatti interamente scritto con il pollice, i font sono sbagliati e le foto probabilmente mal dimensionate.
Ho così visto tutte le esibizioni del festival, anche perché il giorno dopo avrei dovuto parlarne ai Sociopatici su Radio2. In pratica sono passato dal totale snobismo di questi anni alla full immersion. Dal pass per il Primavera acquistato già a novembre, a quello per i Fiori. Punito per troppo Hipsterismo, e quindi condannato alle Ufoface con Cristina D'Avena.
Ma almeno lei è famosa: perché la cosa più faticosa di lavorare qualche giorno in questo mondo è che che non riconosci praticamente nessuno. Personaggi diventati celebri nell'arco di pochi mesi, per via di un video o di una canzone, che devi intervistare, ma non hai mai sentito nominare prima. Come ad esempio loro:
(Su Wikipedia probabilmente) |
Per fortuna sono in tanti nelle tue condizioni. Davanti agli alberghi stazionano gruppi di ragazzine under 15, e se provi a chiedere come ho fatto io: "per chi siete qui?" spesso la risposta è: "non lo so". Piove. Abbondano i sosia e i freaks. Di Pavarotti, Michael Jackson, Liz Taylor, Valeria Marini (ma forse lei è vera). Sulle strade adiacenti all'Ariston gli altoparlanti diffondono musica italiana, e la sensazione è la stessa identica di quando con tua figlia andavi a Disneyland, e c'era musica ovunque. La musica di Topolino, tutto il giorno, ovunque. Quella era allegra, questa è anche triste. Le canzoni italiane sono sempre tristi. Autoflagellazioni amorose per non farti vedere l'ora di scendere dal tuo taxi.
Allora ti rifugi nella sala stampa, che come avevo letto da qualche parte assomiglia a una grande nave da crociera, probabilmente meno trash. Forse questo transatlantico è il luogo più sobrio di tutto il Festival, a parte qualche scalmanato che si alza in piedi per applaudire Rocco Hunt o Elio o esulta al gol di Zaza. Penso spesso a Elio e gli Elii, che ho pure intervistato: come fanno a non soffrire a Sanremo? Forse per questo anche qui vanno in giro in "motoretta"; è un mezzo che ti dà la sensazione di poter scappare per sempre svoltando in un vicolo.
Dopo il mio programma mi avvio a piedi verso l'hotel. Stamattina quando sono uscito c'era uno che consegnava alla reception una mozzarella di bufala, raccomandando di non metterla in frigo.
Non fa ancora buio, e costeggio il mare nella bella stradina in salita che mi attende. Penso che nel 1980, quando i Ramones si sono fermati qui, erano già famosi da un pezzo. Nel '78 o '79 nei loro tour non uscivano praticamente mai dallo stato di NY. Ignoro cosa li spinse allora in quel campetto da basket a poche centinaia di metri da qui. Cerco notizie in rete, ma invano.
L'unica cosa che trovo è questo meme:
Capisco quindi tutto di quella loro mossa del 1980. Non erano drogati, né impazziti. Solo molto confusi.
Elvis has left the building, e io ho quasi left Sanremo.