venerdì 9 agosto 2013

Don't text and drive: il documentario di Herzog.



Se siete tra quelli che ogni tanto mentre guidano scrivono messaggi di testo con il telefono, questo breve film di Werner Herzog potrebbe fare per voi. E riuscire nel miracolo di farvi cambiare abitudine. Racconta di 4 incidenti avvenuti per la stessa causa: il guidatore stava digitando frasi come "sto arrivando" o "ti amo", o magari era solo intento alla lettura di un messaggio. Se avete poco tempo cercate di vederne uno: io vi consiglio quello che parte dal minuto 7'. Cinematografico, struggente, commovente e girato con sensibilità da un grandissimo maestro. Il filmato è stato commissionato dalla AT&T e verrà proiettato in 400.000 scuole americane. La questione è interessante e seria soprattutto perché coinvolge il ruolo delle pubblicità o comunicazioni sociali: chiedetevi se può funzionare su di voi (io mi sono risposto di sì), e fatevi la stessa domanda ogni volta che vedete una pubblicità che tende a farvi cambiare un comportamento. Come ad esempio questa (che andrebbe anch'essa mostrata nelle scuole, ma come esempio di cosa non fare).

Elvis has left the building.  

Back to the basics.



Nel giorno dell'approvazione delle misure più severe contro le violenze sulle donne, ecco un annuncio del 1911 che spiega come baciare una ragazza. Ma la sorpresa arriva sul finale, quando si capisce che è soltanto advertising. Il vero insegnamento tuttavia è per le aziende che fanno pubblicità nel 2013: notate l'assenza totale di loghi e marchi, solo una riga alla fine che spiega di cosa si sta parlando. Invece di dirti tutto subito, ti catturo e ti porto dentro: vecchi trucchi poi chissà perché abbandonati. (Resta comunque il fatto che nessuno qui sembra preoccuparsi dell'alito del bel soldatino, o forse autista). (Via)

Elvis has left the building.

giovedì 8 agosto 2013

"My heros have always killed cowboys"




Se avete 10 minuti di tempo da sottrarre al nulla umido che probabilmente affolla la vostra scrivania
e quella del vostro computer, ecco la bella storia di un fotografo (Aaron Huey) che si prende a cuore la causa dei Lakota Sioux della riserva di Pine Ridge, in South Dakota. Anno dopo anno Aaron torna a fare le foto in questo posto tra i più poveri e violenti d'America. Va anche al Ted, a fare una conferenza. E alla fine si unisce a Shepard Fairey (quello di Obey, forse con Bansky il più famoso street artist contemporaneo) per fare un mega poster molto bello, un murales che dovrebbe gridare ancora più forte delle sue fotografie, con una missione dichiarata di "elevate their voice at the point that they are so visible I can walk away". Stupisce quasi come alla fine proprio il caro vecchio poster sia il mezzo che i due scelgono per "elevare questa voce". Un bell'esempio di integrazione di video, foto, murales e interventi pubblici, per una case-study senza nessun committente alle spalle, ma proprio per questo ancora più significativa.


Elvis has left the building.

mercoledì 7 agosto 2013

Backseat Italians.





Viviamo un momento non felice, come italiani. Gli stereotipi ci si  ritorcono contro come dei boomerang, colpendoci alla nuca. E il boomerang è affrescato da piccole miniature raffiguranti Apicella, Berlusconi, la Pascale e tutti i personaggi che (da ogni parte) stanno rendendo piccolissima questa Italia agli occhi del mondo. Però questa volta, nel lungo spot americano per la 500, gli stereotipi sono simpatici, civili, divertenti, e quasi del tutto positivi. L'idea di base è anche carina: ogni Fiat 500 viene venduta di base con una famiglia italiana dentro, con tutte le sue caratteristiche. Ma stavolta, a differenza del solito, lo stereotipo gioca dalla nostra parte. Per forza, aggiungerei, visto che in vendita c'è una macchina italiana. L'episodio del caffè spiega bene questo spirito. In sostanza ci sentiamo un po' più rappresentati da questa pubblicità che dai Cesaroni (almeno io). E di sicuro ci possiamo imbarazzare di meno. Cito un commento dei tanti al video: "As an Italian, I can tell you that this is not a parody. It's a documentary."

Elvis has left the building.

giovedì 1 agosto 2013

L'iguana è un animale che sopravvive alle pubblicità.



L'Iguana si chiama così perché la sua prima band del liceo si chiamava The Iguanas. Lui suonava la batteria. Poco dopo avrebbe più o meno inventato il punk, e per questo e mille altri motivi è un personaggio tra i più Disbanded dell'omonimo universo. È lui tra l'altro il primo ad avere fatto stage-diving (in un concerto a Detroit).  Eppure il suo mito può passare indenne attraverso svariate pubblicità commerciali. Di questa qui sopra esiste anche lo spot.  Ma nessun calo di stima viene mai registrato da queste operazioni. Forse perché sono ben fatte, o forse perché - semplicemente - lui può.  Egli ama fare spot anche per promuovere i suoi stessi dischi. Qui invece lo vediamo posare per un'assicurazione auto. E siccome oltre a essere un'iguana è anche un'icona, eccolo come modello per John Varvato. Vestito. (Ad altre rockstar non riesce la stessa magia, e non cercheremo spiegazioni su questo fenomeno inverso).

Elvis has left the building. 



lunedì 29 luglio 2013

What is this about Big?



"What is this about Big?" si chiedeva Anthony Hopkins in un bello spot della Barclays Bank girato da Tony Scott alla fine degli anni '90. Ci fu qualche problema successivamente, riassumibile nel grido "No More Big Banks", ma  ad ogni modo allora essere grandi sembrava avere i suoi vantaggi, come ci spiegavano i super alla fine del commercial. Qualcosa di analogo accadeva ieri; mentre sul prato dello stadio Olimpico di Roma andava in scena il big Wall di Roger Waters (anche questo uno spettacolo con la sontuosità e costo-biglietti di altri tempi), usciva la notizia della Big-fusione tra due enormi gruppi di pubblicità: Publicis e Omnicom. Per intenderci i gruppi proprietari di agenzie come Saatchi&Saatchi, DDB, Tbwa, BBDO, Leo Burnett, ma anche semi o ex-indipendenti come BBH: in pratica metà delle agenzie di pubblicità conosciute dall'uomo. Non capisco nulla di queste attività, finanziariamente parlando, ed è una fortuna per voi così eviterò noiosissimi commenti tecnici. Però faccio mia la domanda di Anthony Hopkins: "Cos'è tutta questa ansia del grande?" E' davvero un vantaggio, oggi, anno 2013, essere i più grandi? Qualche analisi prova a spiegare che i vantaggi potrebbero andare da una diversa posizione di forza nelle trattative con i media, a una migliore posizione fiscale, o addirittura che la fusione servirebbe a fronteggiare meglio Google. Tutti vantaggi interni, quindi. Nessun vantaggio apparente per vuole usufruire dei servizi creativi o strategici delle agenzie del supergruppo. Mi sbaglierò senz'altro, ma se non è un vantaggio per il cliente alla lunga difficilmente lo sarà per te. E poi: ha senso nell'anno ufficiale del minimalismo, dove anche il Papa fa il povero, fare sfoggio di grandezza? La nascita del supergruppo sembra quindi anche un retaggio o un'aspirazione di chi è nato in anni molto diversi da questi. Da un punto di vista puramente superficiale - come questo blog mira ad essere - mi ha ricordato gli anni del Think Big: catene di negozi che vendevano cose enormi, spillatrici gigantesche o telefoni formato-uomo. In quegli anni del resto anche le automobili miravano al grande, i colletti delle camicie, i nodi delle cravatte, le spalline dei vestiti. Il mito del Think Big difficilmente sfugge agli over 70; sono nati in epoca in cui quello era il valore principale. E l'advertising non è in mano ai vari Larry Page di Google (40), Tim Cook di Apple (52) o Mark Zuckerberg, che  ha ancora in frigo gli avanzi della torta della sua festa di 18 anni.  Ecco, non vorrei che alla fine il problema alla fine fosse tra le righe di questa nota:
"The senior leadership is also rather senior in age. Maurice Levy, 71, and John Wren, 60, will serve as co-CEOs for the first two and a half years of the deal. After that, Mr. Levy will become non-executive chairman and Mr. Wren will continue as CEO. For the first year following closing of the transaction, Bruce Crawford, 84, currently Omnicom chairman, will be non-executive chairman of Publicis Omnicom Group." 

"There is only one small problem: my fee" A.H.

Elvis has left the building.





giovedì 25 luglio 2013

Diventare uno stencil a propria insaputa.



Ecco cosa succede all'uomo che rimuove lo stencil dello street artist DS: qualcuno lo fotografa, e in breve tempo diventa anche lui un grazioso pupazzo. Sarebbe interessante ora fotografarlo mentre rimuove se stesso. Approfitto del post di fine luglio per comunicare a tutti coloro che seguono (con molte interruzioni) questo blog, che la url è cambiata: si torna come vedete al vecchio teddisbanded.blogspot.com. (via)

Elvis has left the building. 

martedì 16 luglio 2013

Uncle Drew pensaci tu.



Mi  ero sempre perso questo divertente video scritto, diretto e interpretato da un giocatore professionista di basket americano (Kyrie Irving) che si è travestito da vecchio e con l'aiuto di un complice ha sfidato degli "young bloods" da cortile con il nickname si Uncle Drew. Fa ridere perfino chi come me non capisce nulla di basket. Verso il finale fa delle cose magiche. Lo riposto oggi per omaggiare il vice presidente del senato italiano Calderoli (una tipica figura italiota che capisce i neri quando sono eroi sportivi o musicali) e per celebrare il ritorno di questo blog al suo vecchio dominio (non più teddisbanded.com, a causa di problemi tecnici con Google, a cui ora farò causa e la spunterò, essendo più potente e autorevole).

Elvis has left the building.

martedì 25 giugno 2013

Bunga-Bunga: la prima case history. (Cannes non-losers 2013)





Il termine Bunga Bunga deriva da uno scherzo messo in atto nel 1910 da un gruppo di cinque inglesi del Bloomsbury Group, che volevano attirare su di loro l'attenzione dei media e della popolazione. Il gruppo inviò un telegramma al comandante della H.M.S. Dreadnought, la più potente nave da guerra britannica, annunciando la visita di una delegazione di Principi dell'Abissinia. Si dipinsero poi le facce di nero e salirono a bordo della nave vestiti di tutto punto, accompagnando la visita da esclamazioni di meraviglia ("bunga!, bunga!") per ogni cosa che vedevano.
Quando lo scherzo fu scoperto, gli autori contattarono la stampa, e mandarono la foto qui sopra al Daily Mirror. Il gruppo, tra cui figurava anche Virginia Wolf, se la cavò con delle bacchettate simboliche, e la notizia fece il giro dell'Isola britannica (oggi avrebbe fatto il classico "giro del web"). Il termine è poi diventato altro, come sappiamo, e al posto delle bacchettate oggi si rischiano 7 anni di detenzione forzata nella soleggiata prigione di Villa Certosa.
Al festival della creatività che si svolge ogni anno a Cannes, e che fino a poco tempo fa si chiamava Festival dell'Advertising, la logica non  è troppo diversa da quella di queste facce da carboncino:  scherzi o "prank" di questo tipo l'hanno fatta ancora una volta da padroni. Non solo loro, certo, ma di sicuro è stato un trend. Come giustamente osserva Bruno Bertelli, "un trend che diventa già vecchio dal giorno dopo il festival", quindi guai a pensare di avere in tasca la formula. Ma chi in Italia non frequenta il web (ancora in molti, purtroppo) probabilmente non ha mai visto nemmeno uno dei tanti lavori premiati grazie e delle case studies perfette, che in certi casi portano direttamente sulle loro spalle il premio. La qual cosa rende molto più complesso spiegare all'utente medio perché e in quale modo il paese si stia risollevando nell'arte della vendita pubblicitaria. E rende difficile anche "monetizzare" il tutto, cosa di cui invece la nostra professione avrebbe moltissimo bisogno. Eppure bisogna, anche perché l'Italia ha proseguito anche dopo il giorno uno a collezionare leoni: il totale dice bronzo (13), argento (3) e oro (1). Sedicesimo paese in classifica, che non è niente male per un paese sottosviluppato nella comunicazione generale. I lavori premiati sono sempre quelli del post precedente, a cui si aggiungono un lavoro per il design (H57, life in 5 seconds) e uno per Durex (best use of media relations). Purtroppo 0 leoni nella radio, 0 nella stampa, e anche 0 nelle affissioni classiche. E nella TV tradizionale ci tiene in piedi un bronzo per Fiorucci, uscito soprattutto grazie al web. Tutto questo complica un po' la vita quando devi andare a spiegare al mercato vero che l'Italia è viva e competitiva, e sa produrre ancora grandi idee nell'ambito pubblicitario, quindi in breve tirate fuori i soldi perché li sappiamo spendere bene.
Ottima Italia a parte, va da sé che sebbene quello delle case histories sia il terreno su cui oggi i creativi si misurano, avere un'idea come quella del Bunga Bunga richiede abilità totalmentre diverse da quelle di sintesi fulminea e a volte geniale che richiede uno spot classico, una stampa classica, o un radio classico. Si tratta di due talenti quasi del tutto diversi. Per creare questa campagna (gold in TV), o questa, servono due capacità specifiche differenti. Al punto che può accadere che ottimi creativi della pubblicità tradizionale non siano molto in grado di giocare con la nuova. O al contrario, creativi che zoppicavano quando si trattava di trovare la sintesi di un print ad o di uno spot, oggi brillino con una bella case study. Alcuni - i più bravi - riescono in una come nell'altra disciplina. Erano bravissimi a fare un 30" ieri,  come un 2 minuti e mezzo oggi.  Ed è così che nascono i pluri-GrandPrix come Dumb Ways to Die, dove i due talenti non a caso convergono: è sì una gigantesca case history, ma in fin dei conti è soprattutto un bellissimo spot con un bellissimo insight, una bellissima musica e una bellissima animazione, e il premio va soprattutto alla straordinaria e vincente combinazione dei due elementi chiave di una bella idea classica: l'insight ("there are some very dumb ways to die) e il crafting (animazione e musica perfette). Questi due elementi non tramonteranno mai, e faranno sempre la differenza in un festival delle idee, quale che sia la direzione che le idee prenderanno. Così come l'idea di fingersi dei principi dell'Abissinia non sarebbe andata da nessuna parte senza un sapiente uso del carboncino e dei drappi.

Elvis has left the building.




lunedì 17 giugno 2013

Cannes Non-Losers 2013. I leoni italiani del giorno uno (Direct, PR, Promo).

Heineken "The Candidate" (Publicis | Gold e Silver)


Heineken "Real master of Intuition" (Publicis | Bronze) ,  Fiorucci "Potere e Salumi" (McCann | Bronze), McDonald's "Together for Reconstruction" (Tbwa | Bronze ), Coordown "Dammi più voce" (S&S | Bronze) , Fastweb "Fastline" (MC Saatchi | Bronze)

Per avere un metro di paragone, ecco il palmares - non così diverso - dei francesi per la stessa giornata.
(Avvertenza: "il buongiorno si vede dal mattino" è un proverbio senza alcuna validità scientifica e che può provocare malumori)

Elvis has left the building.  

mercoledì 12 giugno 2013

Cannes non-losers 2013



Come ogni anno o quasi, ecco una galleria di campagne che potrebbero tornare a casa da Cannes cavalcando un Leone, o addirittura trascinando la carriola con dentro un Grand Prix. Stavolta mi soffermo solo sugli spot, tralasciando operazioni e le altre categorie, che iniziano a diventare un po' troppe.

Non so se è il mio preferito, ma quasi.  Il regista è Juan Cabral, l'agenzia S&S:


Poi, dalla grande tradizione del NY Lotto, un altro bel lavoro della BBDO New YorK:


Accreditatissimo per il Grand Prix, il delizioso Dumb Ways to die,della McCann Sidney (film che ha anche pochi rivali nella categoria relativa alla musica).


Oreo e il suo combattimento silenzioso dirà certamente la sua, sottovoce.


Chiunque abbia mai lavorato su un prodotto come i pannolini, può apprezzare il valore di questo. Ma se vincerà qualcosa, sarà soprattutto per le facce dei piccoli protagonisti.


Amo questo spot perché è fatto solo di fotografie e di un grande testo (necessario leggerlo dal video su youtube), ed è la risposta alla classica lamentela del creativo: "non ci sono soldi per girare nulla, come faccio a fare qualcosa di bello?". Diverso da tutto il resto.


Uno dei più Disbanded dell'intero anno. Viene dalla W+K di ny. Tra gli alcolici, si beve tutte le birre alla grande, secondo me.


Infine il bellissimo "Fear no Susan Glen" per AXE. Il rimpianto usato per vendere un deodorante.


Elvis has left the building.

mercoledì 5 giugno 2013

Segnali di vita intelligente sulla terra.




Attenzione: non è la solita case-history pubblicitaria con i risultati gonfiati alla fine (penso spesso che tra le disgrazie che possono accadere oggi dovrebbero inserire "diventare giurato a un festival di pubblicità in una di queste categorie"). Al contrario si tratta di una bellissima idea di Breakfast NY che rivoluziona i segnali stradali. Si chiama "Points" e come potete vedere mostra sui segnali stessi cosa sta accadendo nei paraggi, dividendolo per categorie. Se siete molto alti, oppure siete un uccello, fate attenzione perché potreste essere colpiti alla nuca da un cartello rotante.

Elvis has left the building.