(Attenzione, il post sarà un po' prolisso rispetto al solito, ma in compenso noioso come sempre).
Sfogliando in questi giorni un album online di belle pubblicità stampa italiane degli anni '70 e '80, mi sono chiesto: che cosa impedisce ad annunci pubblicitari come questo di uscire oggi, nel 2011? Ai non addetti ai lavori sembrerà un normale annuncio stampa, ma noi sappiamo che questa roba non esce più. Analizziamolo brevemente: è spiritoso, intelligente, la foto è vera, il maglione sembra usato, la camicia non è di stireria, le rughe non sono state rimosse, ma soprattutto c'è un titolo divertente che - sono certo - ti spinge quantomeno ad affrontare con interesse un tabù come la body copy. In definitiva questo vecchio annuncio parla come le persone vorrebbero tuttora che la pubblicità parlasse (un altro esempio straniero?
eccolo). Oggi di annunci come questo, con questo spirito, veri, visibili, per una marca importante, non se ne fanno più. Due cause, o probabili concause: qualcuno ha smesso di farli, qualcuno ha smesso di approvarli. Quelli che hanno smesso di farli hanno dovuto seguire i trend di comunicazione che da almeno 15 anni a questa parte ci indicano una strada diversa, fatta di linguaggi solo visivi, poche parole e qualche senso sottinteso. Quelli che hanno smesso di approvarli sostengono che i tempi di fruizione della pubblicità stampa oggi sono diversi: nessuno si sofferma più di un secondo su una pagina, da sfogliare il più rapidamente possibile. Abbiamo tutti meno tempo. Eppure non è ciò che sappiamo da sempre su questo lavoro: se esiste un'insindacabile regola sull'argomento, è che se dici una cosa
in modo interessante , farai fermare chi ti sta leggendo, indipendentemente dal tempo che ha a disposizione. Ma se sfogliate le pagine di qualsiasi rivista o giornale oggi - e non solo in Italia - raramente troverete un'intelligenza che vi faccia fermare. Forse negli annual o nei festival di pubblicità sì, ma sui giornali veri, sulle pagine che tutti sfogliamo, questa roba non c'è più. E' come se la pubblicità, avendo smesso di usare parole, avesse anche smesso di parlare. La print-advertising di oggi è molto più simile a quella basic degli esordi degli anni '40 e '50 rispetto a quanto non lo fosse la pubblicità degli anni '70 e '80, che era assai più evoluta. La mia sensazione è che, compiendo un percorso vitale alla rovescia, si stia piano piano dirigendo verso la sua nascita, ma volevo dire morte. Salvo illuminate eccezioni, oggi per trovare divertimento o intelligenza in questo settore bisogna andare su Internet. O per strada (ma sforzandosi di non guardare i manifesti). Del resto la cartina di tornasole sono le pubblicità politiche. Perché è lì che si vede come un Paese è pronto a comunicare. Gli USA del 1984 ad esempio erano
questi, con questo tono di voce. E l'Italia aveva ancora degli intelligentissimi manifesti politici. Ma come sempre chi imputa la cattiva qualità della pubblicità ai clienti o alle agenzie, si concentra sull'aspetto microscopico del problema, tralasciando la causa principale che è al 90% da cercare nell'aria che respiriamo fuori dalle nostre finestre. E del resto sicuramente molti di noi in Italia ricordano le grandi campagne della sinistra (quando la sinistra sapeva comunicare), quelle dei verdi, ma anche di partiti liberale o repubblicano. Ma era un'altra Italia. Non c'erano i limiti (intellettuali, soprattutto) che ci sono adesso. Non c'era la paura di parlare in modo diretto, schietto, naturale, come invece fa l'annuncio qui sopra. Non diciamo più le cose come stanno, anche perché non diciamo più niente. A proposito: il copy era Pasquale Barbella. Forse bisogna anche dire non ce ne sono più molti come lui, il che potrebbe spiegare molte cose.
Elvis has left the building.