mercoledì 28 agosto 2013

Questo libro non uscirà mai perché il suo autore ha poi ucciso la moglie.



La storia in verità è ancora più triste, perché l'autore dell'uxoricidio ha addirittura postato su Facebook la foto della moglie appena uccisa. Pare che lei lo picchiasse spesso, tra l'altro. Ma non entreremo in questi dettagli perché esulano dalla Disbanded filosofia (se vi interessano i particolari, in rete trovate tutto). Resta il fatto che questo tipo stava per dare alle stampe un libro. Tra l'altro: come funziona in self publishing in America? Ancora non hai pubblicato il libro ma già esiste il prezzo? E soprattutto: già è in offerta speciale? Forse dopo l'omicidio l'autore era un po' meno credibile. Comunque, indagheremo. Piuttosto - per restare nel tema delle condivisioni fotografiche - stupisce un po' il successo virale di un video che ci spiega come è cambiata la nostra vita da quando esistono gli smartphone. Non è già quello che vediamo ogni giorno con i nostri occhi semplicemente ruotandoli intorno a noi? Come già detto qui, da quando giriamo tutti con una fotocamera in tasca, l'unica quasi-certezza che possiamo avere è quella della non esistenza degli UFO, purtroppo.

Elvis has left the building.

martedì 27 agosto 2013

No fuffa.




Non sarà la prima marca a fare comunicazione puntando tutto sul "no bollocks" (niente fuffa, per usare eufemismi), ma forse è la prima birra che usa questa via per distinguersi e attaccare le fuffosissime e spesso antipatiche concorrenti fighette e giovanili. Il verbo è: linguaggio diretto, verità, schiettezza, come le pubblicità americane degli anni di Bernbach e Gossage. La bella campagna per la Newcastle Brown Ale è della Droga5 NY. Ci sono dentro tutti i media, pubblicità comparative, azioni di guerrilla, e soprattutto idee rifinite bene. Trovate qui tutti i soggetti e i pezzi. Comunque, visto che la campagna invita a non dire bollocks, aggiungeremo noi che la birra in questione non vale niente, giusto come dettaglio.

Elvis has left the building.




lunedì 26 agosto 2013

Tutto Saul Bass.



La galleria completa di tutti i poster per il cinema realizzati da uno dei grafici più potenti della nostra epoca, Saul Bass, che insieme a sua moglie Elaine è anche considerato (come già visto tante volte qui) l'autore di tantissimi dei più bei titoli di testa della storia del cinema. È la prima volta che li vedo tutti insieme come miniature; l'insieme merita, e lo consiglio come break alle foto delle vacanze, cariche di saudade e perduta leggerezza.

Elvis has left the building.

venerdì 23 agosto 2013

Plastic (vera al 98%).




La scena in sé è anche suggestiva: una signora sui 60 anni, molto muscolosa soprattutto sulle gambe che escono dai corti pantaloncini di raso, tanto da farmi dubitare fino all'ultimo se non si tratti di un uomo, avanza verso di me sul bagnasciuga, con un mucchio di grattacieli sullo sfondo. Porta una camicia bianca da guarda costiera, con tanto di distintivi. La mancanza di seno e i capelli molto corti, e il volto segnato da una certa durezza, mi lasciano il dubbio fino alla fine, quando è abbastanza vicina da farmi vedere il suo orecchino da donna e anche i suoi lineamenti. Si ferma e raccoglie delle strane alghe che sembrano sottilissimi spaghetti tagliati in tre pezzi, di colore bianco. Le porta alla bocca e le assaggia, proprio come si farebbe per controllarne la cottura se fosse pasta. Sembra perplessa, anche più di me che assisto alla scena. Mi viene naturale chiederle cosa assaggi. Mi spiega che quelle che sta assaggiando sono probabilmente alghe, certamente innocue per i pesci, che possono masticarle o inghiottirle. Invece, aggiunge raccogliendo dei frammenti più squadrati bianchi e plasticosi, quando mangiano questi, i pesci muoiono. Sono piccoli pezzettini irregolari, effettivamente di plastica. Le Big Corporations quando riciclano i loro contenitori li mandano in questi centri che li polverizzano. Trasformano un flacone di Coccolino in un puzzle da 100 mila pezzi. Eccoli qui sulla spiaggia. Sembrano quasi pezzetti di conchiglia, ma sono plastica. I pesci li ingeriscono e ci restano secchi. Senza contare - ma questo nemmeno lo dice - che quella plastica la mangiamo anche noi che mangiamo quel pesce. Insomma una bella catena di Sant'Antonio. Mi chiede da dove vengo e le dico da Roma. Anche noi abbiamo il mare che bagna la città, le dico, ma mi vergogno a rivelarle che da noi i flaconi di Coccolino si trovano sulla spiaggia tutti interi, non a pezzetti. Forse giusto un balenottero ci si potrebbe strozzare. 
Ah, sospira lei con aria di chi sa, l'Italia è molto avanti nella raccolta differenziata: non è così? Imbarazzato le rispondo che non mi risulta, forse negli ultimi anni abbiamo fatto qualche passo avanti, ma direi che siamo maestri a riciclare altro, non i rifiuti. Si era confusa con la Spagna e la Francia, capisco poi, dove si raccoglie anche il cibo avanzato, oltre a tutto il resto. Mi ammonisce a non usare più la plastica, vista la fine che fa. Quasi mi convinco d'ora in poi a comprare sapone di Marsiglia in blocchi e bere solo acqua piovana. Infine la saluto dopo essermi fatto raccontare che sono 35 anni che lei presidia quel tratto di spiaggia, e che la bandiera viola significa presenza di meduse in mare. Ho ammirazione per questa signora che va in giro ad assaggiare alghe per sincerarsi che non sia plastica. Me la lascio alle spalle e mi metto a guardare anche io i pezzetti di puzzle delle big corporations depositati a riva. Mi giro un'ultima volta per guardarla andare, e la vedo in controluce che mette mano al suo walkie-talkie per rispondere a una chiamata. Vedo che si agita, il trasmettitore gracchia fino a qua, lei non sente, è nervosa. Lo sbatte all'orecchio. Poi lo gira, lo apre, e capisce che le pile sono andate. Allora prende le pile, le strappa a forza dall'apparecchio, e supportata dai suoi muscoli quasi maschili, fa ciò che la sua natura le suggerisce.
Le lancia in mare.
A quel punto il sole si immerge in acqua e tutto si spegne.




Elvis has left the building.



martedì 20 agosto 2013

Quella volta che Woody Allen copiò da Totò.






L'amico Riccardo Grandi segnala questo carosello di Totò per il brodo Star che ricorda in qualche modo la scena della rapina di "Prendi i soldi e scappa" di Woody Allen (1969); nel film il rapinatore, impacciato come sempre, presentava un biglietto al cassiere con la richiesta di rapina. Ne nasceva un divertente e surreale battibecco causato dalla scarsa leggibilità del testo, che rischiava di compromettere il colpo. Il Carosello di Totò ha una struttura simile, e anche se sembra di un'altra epoca, è più vecchio soltanto di tre anni, essendo stato girato dal mitico Luciano Emmer nel 1966. Ognuno dei due attori mantiene il suo stile, scegliendo di recitare al di qua o al di là dello sportello, in base alla propria attitudine comica. Invertire i ruoli del resto non avrebbe avuto senso: immaginate Totò rapinatore e Woody Allen cassiere: un flop. Trattasi allora di plagio? Citazione? Ispirazione? Potrebbe più semplicemente essere un caso. Propendo per questa ipotesi sia per rispetto a Woody Allen, sia perché mi sembra difficile immaginare che nel 1969 qualcuno a New York potesse avere accesso a un Carosello italiano semi sconosciuto, oltretutto in anni in cui la grande lente di ingrandimento del web era ancora sepolta nella sabbia.  Resta però impressionante vedere più o meno la stessa gag recitata da questi due grandi attori. E ancora più impressionante è pensare che il film di Allen sia così vecchio (io lo avrei datato fine anni settanta) e quasi contemporaneo di Totò, che left the building esattamente un anno dopo il suo Carosello, nel 1967.
A proposito: pare che gli sketch di Totò per il Carosello fossero in tutto 9, ma solo due siano sopravvissuti. Non ricordo chi mi raccontò che in Rai, fino a qualche anno fa, si usasse riciclare le vecchie bobine, e registrarci sopra per risparmiare. E noi che per anni abbiamo chiamato la Rai "mamma".

Elvis has left the building.

sabato 17 agosto 2013

Chi si ricorda di Captain Eo?




Il film più costoso di tutti i tempi (per minuto girato: ne dura 17) venne fatto uscire nel 1986 solo nei parchi Disney, e per qualche tempo raccolse la gloria per cui erano stati spesi tutti quei denari. Si parlava molto di Captain Eo e dei suoi effetti 3D in quegli anni. Ma poi le invenzioni tecnologiche di Lucas-Coppola presero a invecchiare, a differenza del protagonista del breve film, e così l'attrazione venne tolta dai parchi. Dopo la morte di MJ però si decise che Captain Eo potesse avere una nuova vita. Ed ecco che oggi, nel 2013, Captain Eo giace disbanded in un angolo di Epcot a Disneyworld. Non serve il fast-pass per saltare le code, perché non ci sono code per questa attrazione, come si evince dalla freschissima foto. Nessuno ha interesse a vedere vecchi effetti speciali che ormai anche la schermata introduttiva di una app è in grado di superare, e nessuno vuole ricordare Michael Jackson attraverso questa opera. Ed ecco quindi che MJ diventa suo malgrado un Disbanded postumo di questo blog. Pace alla sua anima, a quella di Captain Eo, e trovate qualcosa da fare al custode di questa attrazione, che lo vedo inquieto.

Elvis has left the building.




giovedì 15 agosto 2013

Gli ennesimi precursori del Punk.




Che non si dica che questo è un blog che cerca facili consensi. Ecco un post, pubblicato a tarda notte del 14 agosto, destinato a fare la stessa fine del gruppo di cui parla: essere ignorato da tutti.  La rumorosa notizia è che prima ancora dei Ramones o dei Sex Pistols o degli Stooges, c'era una band di Detroit che suonava il punk. Si chiamavano Death, ed erano tre fratelli (neri) chiamati Bobby, David e Dannis Hackney. A giudicare dalla foto avevano un bellissimo look. Ma erano misconosciuti, sommersi e invisibili come solo si poteva essere nell'era pre-internet.
In effetti fino a poco tempo fa non esisteva nemmeno un loro disco. L'unico pezzo tangibile era una demo auto-pubblicata in 500 copie, intitolata "Politicians in my eyes", del 1975. Se volete un assaggio, eccolo.  Zero successo, e  il gruppo Disbanded nel 1977. Ma nel 2008 i figli di Bobby Hackney misero in piedi un gruppo che suonava le cover della sconosciuta band paterna, chiamato Rough Francis. Ecco il bel dialogo, ripreso con brio da Obit magazine, tra Bobby - che nel frattempo era finito a suonare il reggae nel Vermont - e suo figlio: “One day [my son] calls me from San Francisco and says, ‘Uh, Dad, did you know that people are going crazy playing your music at underground parties here?’ We hadn’t thought about Death in decades. It was a bitter story for us. So I’m thinking: They love our reggae? He says, ‘No, Dad, you were in a band in the ’70s called Death, and this single is a collectible now. Why didn’t you tell me?!’ He searches on the Internet, and they’re selling that Death 45 for $800 to $1,000! He says, ‘Please tell me you still have those master tapes.’ As coolly as if I said, ‘I’ll go mow the lawn,’ I say, ‘Yeah, they’re up in the attic.’ He says, ‘Dad, we’ve got a lot of work to do.’”  Sono queste le storie che piacciono al blog Disbanded. E così, finalmente, arrivò il riconoscimento postumo: nel 2009 l'etichetta Drag City decise di togliere la polvere dai loro nastri, pubblicare i sette pezzi esistenti, e stabilire che il mondo era pronto per gli ennesimi inventori del Punk. Che quindi decisero di riunirsi, anche se un fratello nel frattempo era Dead. I titoli finali di questa storia li lasciamo al documentario in uscita proprio quest'anno.

Elvis has left the building.


lunedì 12 agosto 2013

La poesia è ovunque.



Questo video ha avuto un certo successo in uno slam di poesia regionale americano, diventando virale grazie a Reddit. La poesia, se così vi sentite di chiamarla, è interpretata da un uomo che soffre di OCD (Disturbo Ossessivo-Compulsivo) e che non fa nulla per nasconderlo. Anzi la performance è basata proprio su questo.  Un uomo, la sua ragazza, i problemi derivanti dal disturbo di lui. Non so se mi è piaciuta, ma mentre lo decido ve la sottopongo, tanto dura poco. E per facilitarvi ecco anche il sito con il testo. L'antica querelle su cosa possa considerarsi poesia e cosa no, cosa sia arte e cosa invece sia bluff, potrebbe trovare qui qualche tumultuosa argomentazione in più.

Elvis has left the building.

venerdì 9 agosto 2013

Don't text and drive: il documentario di Herzog.



Se siete tra quelli che ogni tanto mentre guidano scrivono messaggi di testo con il telefono, questo breve film di Werner Herzog potrebbe fare per voi. E riuscire nel miracolo di farvi cambiare abitudine. Racconta di 4 incidenti avvenuti per la stessa causa: il guidatore stava digitando frasi come "sto arrivando" o "ti amo", o magari era solo intento alla lettura di un messaggio. Se avete poco tempo cercate di vederne uno: io vi consiglio quello che parte dal minuto 7'. Cinematografico, struggente, commovente e girato con sensibilità da un grandissimo maestro. Il filmato è stato commissionato dalla AT&T e verrà proiettato in 400.000 scuole americane. La questione è interessante e seria soprattutto perché coinvolge il ruolo delle pubblicità o comunicazioni sociali: chiedetevi se può funzionare su di voi (io mi sono risposto di sì), e fatevi la stessa domanda ogni volta che vedete una pubblicità che tende a farvi cambiare un comportamento. Come ad esempio questa (che andrebbe anch'essa mostrata nelle scuole, ma come esempio di cosa non fare).

Elvis has left the building.  

Back to the basics.



Nel giorno dell'approvazione delle misure più severe contro le violenze sulle donne, ecco un annuncio del 1911 che spiega come baciare una ragazza. Ma la sorpresa arriva sul finale, quando si capisce che è soltanto advertising. Il vero insegnamento tuttavia è per le aziende che fanno pubblicità nel 2013: notate l'assenza totale di loghi e marchi, solo una riga alla fine che spiega di cosa si sta parlando. Invece di dirti tutto subito, ti catturo e ti porto dentro: vecchi trucchi poi chissà perché abbandonati. (Resta comunque il fatto che nessuno qui sembra preoccuparsi dell'alito del bel soldatino, o forse autista). (Via)

Elvis has left the building.

giovedì 8 agosto 2013

"My heros have always killed cowboys"




Se avete 10 minuti di tempo da sottrarre al nulla umido che probabilmente affolla la vostra scrivania
e quella del vostro computer, ecco la bella storia di un fotografo (Aaron Huey) che si prende a cuore la causa dei Lakota Sioux della riserva di Pine Ridge, in South Dakota. Anno dopo anno Aaron torna a fare le foto in questo posto tra i più poveri e violenti d'America. Va anche al Ted, a fare una conferenza. E alla fine si unisce a Shepard Fairey (quello di Obey, forse con Bansky il più famoso street artist contemporaneo) per fare un mega poster molto bello, un murales che dovrebbe gridare ancora più forte delle sue fotografie, con una missione dichiarata di "elevate their voice at the point that they are so visible I can walk away". Stupisce quasi come alla fine proprio il caro vecchio poster sia il mezzo che i due scelgono per "elevare questa voce". Un bell'esempio di integrazione di video, foto, murales e interventi pubblici, per una case-study senza nessun committente alle spalle, ma proprio per questo ancora più significativa.


Elvis has left the building.

mercoledì 7 agosto 2013

Backseat Italians.





Viviamo un momento non felice, come italiani. Gli stereotipi ci si  ritorcono contro come dei boomerang, colpendoci alla nuca. E il boomerang è affrescato da piccole miniature raffiguranti Apicella, Berlusconi, la Pascale e tutti i personaggi che (da ogni parte) stanno rendendo piccolissima questa Italia agli occhi del mondo. Però questa volta, nel lungo spot americano per la 500, gli stereotipi sono simpatici, civili, divertenti, e quasi del tutto positivi. L'idea di base è anche carina: ogni Fiat 500 viene venduta di base con una famiglia italiana dentro, con tutte le sue caratteristiche. Ma stavolta, a differenza del solito, lo stereotipo gioca dalla nostra parte. Per forza, aggiungerei, visto che in vendita c'è una macchina italiana. L'episodio del caffè spiega bene questo spirito. In sostanza ci sentiamo un po' più rappresentati da questa pubblicità che dai Cesaroni (almeno io). E di sicuro ci possiamo imbarazzare di meno. Cito un commento dei tanti al video: "As an Italian, I can tell you that this is not a parody. It's a documentary."

Elvis has left the building.

giovedì 1 agosto 2013

L'iguana è un animale che sopravvive alle pubblicità.



L'Iguana si chiama così perché la sua prima band del liceo si chiamava The Iguanas. Lui suonava la batteria. Poco dopo avrebbe più o meno inventato il punk, e per questo e mille altri motivi è un personaggio tra i più Disbanded dell'omonimo universo. È lui tra l'altro il primo ad avere fatto stage-diving (in un concerto a Detroit).  Eppure il suo mito può passare indenne attraverso svariate pubblicità commerciali. Di questa qui sopra esiste anche lo spot.  Ma nessun calo di stima viene mai registrato da queste operazioni. Forse perché sono ben fatte, o forse perché - semplicemente - lui può.  Egli ama fare spot anche per promuovere i suoi stessi dischi. Qui invece lo vediamo posare per un'assicurazione auto. E siccome oltre a essere un'iguana è anche un'icona, eccolo come modello per John Varvato. Vestito. (Ad altre rockstar non riesce la stessa magia, e non cercheremo spiegazioni su questo fenomeno inverso).

Elvis has left the building.