venerdì 27 aprile 2012

The Real Life of a Sumo Wrestler.




Il fotografo Paolo Patrizi, che vive e lavora a Tokyo, ha pubblicato un interessante servizio sulla giornata dei lottatori di Sumo, muovendo da uno scandalo che ha investito lo sport più tradizionale del Giappone, devastato da uno scandalo scommesse e implicazioni con la Yacuza. Le foto meritano un'occhiata, anche se non troverete nessun elemento malavitoso, ma solo post-sportivo.

Elvis has left the building.


giovedì 26 aprile 2012

Cosa succede se ingoi una gomma.





Finalmente tutta la verità in questo articolo. I casi peggiori, i genitori pazzi e una piccola storia della gomma da masticare.

Elvis has left the building.



mercoledì 25 aprile 2012

Primo Levi, chimico.



La memoria è da rinfrescare continuamente. Forse questo può essere un buon post del 25 aprile.

Elvis has left the building

lunedì 23 aprile 2012

Come comprare la propria fidanzata su Facebook a 5$.

Se anche questi diventano ricchi, abbandono tutto. Tra le invenzioni Disbanded che la rete ci propina, ecco la fidanzata virtuale di Facebook, a 5$. Per questa cifra, andando su Girlfriendhire, avete una ragazza (anzi, una foto di ragazza) che scriverà sul vostro wall cose da fidanzata. Il servizio propone svariate prestazioni, tutte lecite, tra cui:
I will be your internet girlfriend for $5
I will send you cute text messages for $5
I will be your facebook girlfriend for $5
I will send you flirty messages on your facebook wall for $5
I will write a sexy story starring YOU! for $5
I will give you a list of great dubstep for $5
I will help you learn to use your iphone for $5

Niente Burlesque quindi. Se escludiamo coloro che faranno la prova giusto per ridere, l'iniziativa è piuttosto triste. Immagino ci sarà qualcuno che ricorrerà a tutto questo per colmare mancanze più serie. Ma sono anche convinto che un'idea del genere non potrà mai prendere piede tra i più concreti italiani. Vedo più a rischio americani e nordeuropei, e i soliti giapponesi. Per avere un'idea di come funziona la cosa, ecco qui sotto un esempio di conversazione tra la sedicente fidanzata Michelle e il giornalista che ha scritto il pezzo, Sam. Ho cercato se esista un equivalente BoyFriendhire per le ragazze, ma sono in treno, la linea cade, poi sono etero e il post può chiudersi qui.






















Elvis has left the building.

domenica 22 aprile 2012

Dan Wieden. Le ultime parole famose.

Gary Gilmore prima della sua esecuzione.



Riporto qui l'articolo che troverete sull'ultimo numero di "Bill | Un'idea di pubblicità" in libreria in questi giorni. Giuseppe Mazza mi aveva chiesto due righe per raccontare la Disbanded story della nascita di "Just do it". Storia che trovate narrata nel DVD allegato, Art & Copy. 

"Vorresti aver scritto tu da qualche parte e per la prima volta "Just do
it". Invece è stato Dan Wieden. Vorresti averlo scritto tu perché è semplice,
alla tua portata, nemmeno troppo geniale a guardare bene.
Ma come dice Mark Zuckerberg ai due gemelli che gli reclamano
la paternità della sua idea: "Se foste gli inventori di Facebook, avreste inventato
Facebook". Se metti la bandierina, sei tu il primo. Più che una
bandierina Dan Wieden mise il suo swoosh sul payoff più famoso di
tutti i tempi in un modo quasi romanzesco, ma indicativo di quello che
è il lavoro del creativo pubblicitario. Una frase che nasce
dall'insoddisfazione di un cliente difficile alla vigilia di una
presentazione difficile. Un cliente che non ha ancora il suo payoff (ma
da qui in avanti la chiameremo più correttamente tagline). L'agenzia
non ha nulla di buono in mano da portare al cliente, e manca poco
alla riunione. Dan Weiden  ha come un flash. Chissà in quale parte
del suo ufficio, magari in bagno o davanti al boccione di acqua
potabile. La sua testa, per quegli strani corto circuiti che capitano a
chi pensa bene, vola per un istante a un fatto che non c'entra niente
con la Nike, le scarpe da corsa o le felpe da basket: si ricorda di un
tale giustiziato pochi giorni prima nello Utah, un certo Gary Gilmore,
che aveva ucciso un benzinaio e un gestore di motel ed era stato per
questo condannato alla pena capitale. Il tipo era cresciuto a Portland,
come Dan Weiden, e questo certamente stava incidendo nel
collegamento mentale. Le cronache riportano che  al condannato
venne messo il tradizionale cappuccio, e venne quindi portato davanti
al plotone d'esecuzione, perché nello Utah si usa così. Al momento
dell'esecuzione, quando ti chiedono di dire le ultime parole, lui aveva
risposto semplicemente "Let's do it". Facciamolo e basta, questo era il
senso. Questa frase, questa strana sentenza, era rimasta nella testa
di Weiden per qualche giorno e lui la stava per tradurre in una tagline.
Lievemente modificata, certo: non siamo nati copy per copiare. Ma
era un’esortazione che sembrava perfetta per chiudere quel gruppo di
campagne da presentare il giorno dopo. E sembrava perfetta da
appiccicare sia all’atleta Olimpico, sia al corridore del sabato mattina:
perché come spesso ha dichiarato Dan Wieden “quando abbiamo
scritto le nostre idee migliori, non lo abbiamo mai fatto pensando a un
pubblico di addetti ai lavori, giurati dei festival, o creativi di altre
agenzie: le abbiamo avute pensando direttamente all’atleta che
scende in campo, o al ragazzo che va a correre al parco, alla donna
che si sforza in una palestra”.
E sebbene come lui stesso dichiara oggi "a me non piacciono le
tagline, sono così old fashioned", la sua creatura stava per garantirgli
una fama ancora maggiore e un'esposizione universale che la sua
agenzia non aveva ancora avuto.
Certamente la storia di Dan Weiden e del suo compagno David
Kennedy ("David is the art director. I'm just the writer") non nasce da
quella tagline e non muore lì: ancora oggi siamo circondati dai lavori
immensamente rilevanti che le sue agenzie di Londra, Amsterdam
o Portland producono su ogni mezzo, compresi - da poco - i social
game. La lista dei lavori contemporanei potrebbe impressionare,
andando da Write the Future per Nike, Honda GRR e Impossible
Dream, le nuove storie di Old Spice, o i due spottoni di Chrysler per il
Superbowl. Ma è certo che scrivere "Just do it" su un pezzo di carta
è stato come scriverlo sul marmo.
Oggi nelle reception delle Wieden+Kennedy di Portland e Amsterdam
non sono esposti i premi vinti, e non solo perché non ci entrerebbero.
Sulle pareti dell'agenzia ci sono le foto delle persone che lavorano
lì. "È il senso di tutto questo", dichiara Dan  "Me lo sono chiesto
spesso, specie all'inizio, quando durante la notte mi svegliavo per
capire cosa portasse David e me a investire tutto nel lavoro meno
certo del mondo, succhiando tra l'altro tutto il nostro tempo. E ho
capito che il vero motivo era creare un luogo in cui le persone
potessero venire ed esprimere il loro potenziale. Tutto qui. Un
luogo sano, un posto "healty". Basta farlo. Come disse quel tipo
incappucciato poco prima di lasciare questo mondo."

Elvis has left the building.

venerdì 20 aprile 2012

Terry Richardson thumbs up.



Diario essenziale e minimalista del fotografo poco minimalista Terry Richardson: lo segnalo perché quasi in ogni foto in cui si auto-ritrae, fa il "thumb up". Per me, numero uno.

Elvis has left the building.

giovedì 19 aprile 2012

Che fine ha fatto la pubblicità stampa?



Ma la domanda vera sarebbe:  Che fine ha fatto - o sta facendo -  la stampa? Ma mentre l'editoria cartacea, pur sofferente, si fa forza della sua inevitabilità e bellezza soccorsa addirittura da sensi quali il tatto e l'olfatto, la pubblicità sui mezzi cartacei soffre in un clima di lenta pre-estinzione che non ha né precedenti né cure. Sui blog di settore imperversano discussioni sui fake (campagne ad hoc o finte, in gran parte su mezzi stampa) e due parole bisogna spenderle, non l'ho quasi mai fatto. Quando ho iniziato questo lavoro nei primi anni '90 i fake non esistevano. Da nessuna parte del mondo. Buffo no? Il motivo era che la pubblicità vera si bastava da sola. Erano gli anni in cui a Cannes la categoria stampa - introdotta verso il '93 credo - nemmeno esisteva. Ma c'era sufficiente materiale per far divertire le menti più creative con del lavoro vero. Poi questo lavoro vero non è bastato più, e le teste più creative hanno iniziato a produrre in tutto il mondo campagne ad hoc per A) Far vedere cosa avrebbero potuto fare se solo ne avessero avuta la possibilità. B) Tenersi in allenamento su progetti belli in attesa di riceverli veramente. C) Dimostrare ai clienti della propria agenzia che un mondo migliore era possibile perfino per loro. D) Fare carriera anche attraverso i fake. Io sui punti A, B e C non ho mai trovato nulla di male, a patto che la stessa energia venisse spesa anche sui progetti quotidiani. Allo stesso tempo guardo con un po' di (non mi viene il termine, ma forse è tenerezza, o distaccata ammirazione) quei creativi che ancora si impegnano nel produrre campagne stampa belle ma che non vedranno mai la vera luce. Se lavorano con lo stesso impegno sui lavori più "importanti", io non ci vedo nulla di male. Ma come facciano a divertirsi ancora con la stampa più sommersa è per me un mistero. Parallelamente tutto il circo dei fake è diventato talmente vecchio e noioso, e talmente irrilevante, che oggi i fake sono un problema solo per chi li fa, ma non certo per il mercato. Non è certo questo il male della nostra categoria, come tante volte leggo. Magari fosse questo, significherebbe che il mondo là fuori guarda quello che facciamo noi nei nostri invisibili consessi. Pia illusione. I fake stampa stanno facendo la stessa fine della pubblicità stampa: stanno scomparendo per irrilevanza. Altra gigantesca perdita di tempo: cercare di stabilire con regola certa cosa sia fake o cosa no per poter partecipare a un concorso. Credetemi, è un'operazione impossibile. All'estero - dove si è più pragmatici - hanno già smesso da anni. Io stesso potrei portare decine di esempi di campagne invisibili eppure verissime fatte dalle agenzie in cui sono stato. Richieste da minuscoli clienti senza soldi che magari volevano farsi vedere su una testata di quartiere, o far girare su internet la propria pubblicità attraverso i blog. Già, perché c'è anche questo, ed è il punto vero dove dovremmo guardare in discussioni come queste. Il web ha ribaltato il concetto stesso di ciò che è vero e ciò che non lo è. Oggi chi lavora anche su questo mezzo sa che spesso non ha bisogno né di un brief né di un cliente per "uscire". In molti casi quello che fai lo metti on line, e vive. Questo stesso blog, che non ha cliente, e non spende un euro, ha potuto partecipare a un fetsival come l'ADCI e vincere qualcosa. Tanti clienti approvano una campagna (stampa) solo per metterla sulla propria pagina facebook o farla uscire viralmente. Ed è vicino il giorno in cui finalmente avremo una categoria nei festival di pubblicità chiamata "Viral Print", che avrà la stessa dignità dei Viral video. Non si vede del resto perché non dovrebbe averne. E come oggi nessuno si sognerebbe di chiedere "ma quel virale è un fake?" perché la domanda imploderebbe all'istante, nessuno  chiederà più "ma quel virale stampa è uscito?". Viviamo in un'epoca in cui tutto quello che fai esiste, viene condiviso, vede la luce. Ma ancora c'è qualcuno che viene a chiedere se è finto.

Elvis has left the building.

mercoledì 18 aprile 2012

Garage-non-subliminal advertising.



Ecco Marquese Scott, aka Nonstop, alle prese con uno strepitoso dubstep in un garage. Nemmeno troppo subliminale, appare una Peugeot alle sue spalle. Piazzata lì, senza trucchi ai danni di chi guarda il video. Come a dire: sì, è una pubblicità, e allora? Bello anche il modo di scoprire il claim ("Let your body drive") nel finale. Se avete mai visto qualcuno muoversi/ballare meglio potete mandarmi una mail.

Elvis has left the building.

martedì 17 aprile 2012

ADCI Awards/2. TV e Cinema, solo lavori veri.





Nella categoria TV e Cinema degli ADCI awards, alla fine, si vedono solo lavori reali. Inteso come realmente pianificati. Questa per un festival di pubblicità è quasi una notizia. In un clima disteso, senza cecchini né voti interessati, vengono quindi votati i migliori spot passati in Italia nel 2011/12 (anche se mancano i lavori di due agenzie importanti: BBDO e United). Il divario con le cose che passavano in televisione solo fino a pochi anni fa è abissale; l'industria degli spot non solo è in crisi, ma ha anche abbassato di tanto il suo livello qualitativo. Le idee si sono spostate altrove, come si sa. Dal mucchio vengono comunque tirati fuori una quindicina di bei film, e ne vengono premiati tre. Vince l'Uomo piuma di Sorgenia, lavoro vero, delicato, per un cliente difficile, ma senza andare oltre l'argento. Seguono due bronzi per i 3 soggetti della campagna Polo - un po' penalizzata dal doppiaggio - e Toyota. Sfiorano il bronzo due film di Ikea (iscritti direttamente dalla casa di produzione). Per noi il film visivamente più bello è Burn di Publicis, e tutti pensiamo che prenderà l'oro in Execution (solo dopo verremo a sapere che quella giuria gli ha preferito Leroy Merlin, comunque bello, entrato anche da noi in shortlist). Assiste alla votazione la giurata italiana a Cannes Isabella Bernardi, che difficilmente sfiderà i metal detector dell'aeroporto di Nizza a giugno riportando in Italia dei Leoni di metallo. 

Elvis has left the building. 

lunedì 16 aprile 2012

Uno skate park in Uganda.





Le altre belle immagini in questo sito. Ciò si può definire Disbanded. Dai commenti alle foto
vi segnalo questo: "Nice park! It is better than anything in my shitty city (MIAMI)"

Elvis has left the building.


ADCI Awards/1. Gli studenti modello.

Sabato scorso all'ADCI, dopo aver partecipato alla veloce giuria Tv e Cinema (di cui parlerò in un altro post), mi sono ritrovato seduto al tavolo dei lavori della categoria Studenti, tradizionalmente striminzita e deludente qui da noi. Semi-addormentato dopo la pacifica votazione nella penombra della saletta TV, sono stato risvegliato un pezzo alla volta insieme a tutti gli altri giurati, tutti concordi nel dire che - stavolta - le cose uscite dalle scuole di pubblicità erano di livello superiore. Riporto qui sotto i quattro-cinque lavori che avevamo deciso di premiare, prima che ci rivelassero che in questa categoria, per regolamento, non si assegnano premi. (Ignoro il perché di questa regola, ma certamente ci sarà). Ad ogni modo questi sarebbero stati i nostri vincitori, in ordine sparso. Noterete come alcuni di questi lavori siano all'altezza se non più belli di lavori che si trovano nelle categorie principali, considerando poi che molti sono solo layout. La campagna con i dinosauri che si accoppiano proteggendosi al punto da estinguere la specie, potrebbe non sfigurare su una parete di Cannes, per un prodotto talmente "bello" e saccheggiato dai fake di tutto il mondo, da essere diventato paradossalmente difficile. La scatola della pizza per esaltare il 3D Sony è un divertente esempio di guerrilla/DM, o non so cosa altro. Il lavoro editoriale COME (che nei due jpg non ottiene affatto giustizia), era un incartamento splendido e voluminoso, un lavoro degno dei migliori art. I topi che ballano quando il gatto si trova a pranzo è un' altra campagna che ha raccolto sorrisi e consensi. Per non farci mancare nulla segnalo infine un sociale sul pericolo dell'inquinamento aereo. E garantisco che c'erano almeno altri 4 o 5 lavori degni di essere citati (radio, operazioni e virali), che sono comunque entrati in shortlist. Non posseggo i credits di nessuna di queste campagne, ma se i ragazzi vogliono postarli possono farlo nei commenti. E si scoprì che erano dei vecchi.










Elvis has left the building.

venerdì 13 aprile 2012

Il rock mi chiede che fine ha fatto il mio spirito rock.






Ma perché invece non parliamo di te? Sei nato dal canto degli schiavi, hai fiancheggiato i diritti civili, disturbato dittature; hai innervosito la Regina, preoccupato i proprietari di hotel, spaccato chitarre, esaltato i flipper; sei rinato nei garage, hai riempito vallate, e hai avuto i più bei teatri giù nelle cantine. Sei stato vinile, pieno di graffi, poi anche cd, ma sempre pieno di graffi. Sei stato locandine, fanzine ciclostilate, bootleg. Ai bei tempi sei stato più influente dei politici. Ma oggi guarda come ti sei ridotto: vivi negli mp3, suoni solo nel mio iPod e vuoi che io ti legga su una rivista patinata - che non ha niente del tuo vecchio spirito - come Rolling Stone. E vieni a chiedermi che fine ho fatto? Io? Il tuo spot radio mi piace anche, ma tu, Rock made in RS, sei insopportabile quasi quanto Virgin Radio quando mi chiama "fratello".

(Un'immagine del rock quando era in vita)


Elvis has left the building. 

SnackMan, il supereroe che mangia patatine.



Quando c'è una rissa nella metro, arriva lui: SnackMan. L'uomo che mangiando patatine riesce a sedarla.
Non è una pubblicità, non è un virale ad hoc, è solo un video che  rimbalzando qua e là (oggi anche qui) ha reso una certa popolarità a questo architetto di 24 anni, che vive a NY si mantiene calmo con mangiando caramelle gommose e patatine. Non gommose, auspicabilmente. Maggiori dettali qui.

Elvis has left the building. 

giovedì 12 aprile 2012

Push to add comedy.



In una anche troppo tranquilla cittadina del Belgio compare una colonnina in mezzo a una piazza. Sopra c'è un pulsante rosso, e un cartello: "Premilo per scatenare il dramma". Alcuni passanti lo ignorano, ma per forza di cose la scritta è invitante. Come se qualcuno scrivesse "non aprire per nessun motivo" sopra una scatola, in casa vostra. Una volta premuto il pulsante, si scatena una situazione che dovrebbe essere drammatica, ma in realtà è comica: ambulanze che si perdono i malati, scazzottate, donne nude in moto.  Trattasi di un ambient/virale per la tv americana TNT dedicata alle serie drammatiche. C'è un po' di confusione di generi, ma almeno sono già un pezzo avanti per il lancio del canale comico.

Elvis has left the building.

mercoledì 4 aprile 2012

Don't make a wave, 1971.





Sembra il fotogramma di un film di Wes Anderson. Al timone un Disbanded con la fascia da tennis tra i capelli. Accanto a lui, con un libro in mano e la cinta tutta spostata a sinistra, un omone rassicurante e certamente buono. In realtà è una foto del 15 settembre del 1971, e racconta la prima spedizione ever di Greenpeace,  alla volta di Amchitka, nel Pacifico settentrionale, per protestare contro un test nucleare degli Stati Uniti. La bomba esplose comunque. Il comitato che si opponeva a questa distruzione aveva un nome bellissimo: Don't make a wave. (Da distinguere e separare nettamente da un altro movimento, nato a NY nel a metà degli anni '70, che si chiamava No Wave, che a sua volta si opponeva o replicava alla New Wave. Mal di mare? Yes).

Elvis has left the building.

martedì 3 aprile 2012

Best places to work 2012.



Come ogni anno, Advertising Age pubblica la sua lista dei "Best Places to Work" della comunicazione. Un'iniziativa molto nobile, che va a cercare motivi profondi o superficiali per essere felici di andare a lavorare in un certo posto ogni mattina, dall'altra parte dell'Oceano. La cosa che mi ha impressionato dell'elenco di quest'anno, è che non conosco praticamente nessun ufficio dei primi 20 nominati. Tolta la Deutsch, e un paio di altri nomi che ho sentito citare qualche volta per sbaglio, il panorama descritto è quasi interamente composto di sigle a me sconosciute. Le foto che accompagnano questa classifica mostrano spesso impiegati che fanno dei balletti, che sono sdraiati uno sopra all'altro, che suonano degli strumenti. Le ragazze indossano dei baffi finti, e gli impiegati dichiarano nei loro questionari blind di lavorare in piena fiducia accanto ai loro pupazzi gonfiabili. Magari quando tornano a casa sono infelici, ma intanto in quelle foto e in quelle risposte dimostrano di essere con pieno diritto nella classifica. Il fatto che non siano nomi conosciuti la dice lunga su quanto sia attivo, vitale e in movimento il settore quando ci allontaniamo dalle nostre coste. Penso alla situazione dei giovani italiani che vogliano entrare a lavorare nella comunicazione, ancora così orientata al classico, e provo a stilare mentalmente anche io una classifica. Che naturalmente dovrebbe comprendere strutture che oltre a offrire un ping-pong possano anche dare delle certezze di qualche tipo. O almeno prospettive, merce ancora più preziosa. Mi deprimo subito e scrivo questo post. Allora mi piacerebbe che a stilare una classifica del genere fosse una testata giornalistica, ma poi capisco che in Italia non sarebbe facile. Forse non sarebbe nemmeno possibile: i tre o quattro giornalisti di settore faticherebbero a trovare delle strutture sane e piacevoli, e una volta individuate dovrebbero distinguere, con i loro pochi mezzi, tra la fuffa e il benessere reale. Fa bene quindi chi consiglia ai più giovani di cercare - potendo - di partire con una sicura nave Costa verso le Americhe? O magari migrare a Pechino o in Australia, come hanno fatto alcuni che conosco, o nella più vicina Germania? La mia personale impressione è che oggi si possa restare qui e provarci. Avendo praticamente toccato il fondo si tratta di scavare e scendere ancora più giù (ma è faticoso) oppure  - come l'istinto suggerirà - di darsi una piccola spintarella con i piedi per riguadagnare metri. In fondo è una cosa per la quale un tempo siamo stati anche famosi.

Elvis has left the building.