venerdì 30 marzo 2012

Where's the beef?



Spot per cultori degli spot. Un regista di film porno ha la segreta ambizione di diventare regista pubblicitario: quindi è insolitamente perfezionista, quasi maniacale nella cura del dettaglio, e infarcisce il suo film di riferimenti alle pubblicità storiche di ogni tempo: dal celebre "Where's the beef?" agli schiaffi dell'uomo Tango, al domino di oggetti di Honda Accord, ed altri ancora. Lo spot è girato da Chris Palmer, e serve ad attrarre nuovi talenti per la rassegna di Cannes "Saatchi&Saatchi new Director's showcase"2102, uno degli eventi clou del festival dal 1990, e anche uno di quelli che giustificano in qualche modo l'esorbitante prezzo dell'iscrizione come spettatore. (thanks MyPredictions)

Elvis has left the building.

The Artist.




Questa chiarissima e lucidissima intervista di John Heagrty è l'unica che valga la pena ascoltare sul mestiere di creativo pubblicitario da molti anni a a questa parte. Tutte altre, scritte o filmate, specie dei nuovi guru, sono aria fritta in confronto. Particolarmente interessante è il punto (4'28") su cui da anni tutti ci arrovelliamo: come mai in pubblicità siamo tutti pagati per fare del nostro peggio? In quale altro mestiere capita di sentire il cliente che dica (per esempio al cuoco): la prego, non faccia una cosa così buona? O all'architetto: questa casa è tropo bella, la peggiori un po' per favore. E se lo dice Sir John Heagarty, che lavora in una delle due o tre agenzie del mondo in cui queste richieste non sarebbe ammesso farle, si vede che la situazione è grave. I numeri dicono che negli anni '90 l'apprezzamento della gente per il nostro lavoro era al 36%. Oggi è sceso al 10%. Se ci fate caso, la stessa sorte - o anzi ben peggiore - è toccata alle remunerazione del lavoro creativo, ed è illusorio pensare che le due cose non siano collegate. Perfino per la BBH, dice Mr H, sarebbe la fine se smettesse di fare grandi campagne. Ma Sir John va anche oltre. Dice una cosa che non avevo mai sentito dire a un pubblicitario, o a chi parla di pubblicità: vendere è un'arte. E lo è sempre stato. E io che ho sempre sentito dire il contrario. Ma alla fine credo che con quel carisma, vendere qualsiasi cosa a chiunque sia più che un'arte, uno scherzo.


Elvis has left the building.

giovedì 29 marzo 2012

Woody Allen's typography.






Del perché e percome Woody Allen usa più o meno sempre la stessa famiglia di font nei suoi film. C'è di mezzo una colazione nel New Jersey e forse (aggiungo io) anche un generale disinteresse per la grafica, che però ha finito con il generare uno stile unico. (Thanks FedericoRusso)

Elvis has left the building.

Chi sono i Mad Men di oggi?



La serie Mad Men sta avendo talmente sucesso da risvegliare in tutta l'America l'interesse per la professione del pubblicitario. Newsweek ha addirittura pubblicato un numero speciale, in stile anni '60 e con tanto di App gratuita su iTunes. Ma chi sono i nuovi Donald Draper oggi? Il settimanale americano pubblica un'interessante galleria, dove troviamo troviamo Fitzloff e Hoffman di W+K, Gerry Graf, Jacobs e Premutico, Glen Cole di 72andSunny, e l'immancabile David Droga, che giusto nel link del precedente post aveva dichiarato, più o meno: "Questa è l'epoca più bella per fare questo lavoro - specie per me che sono ricco, questo ha dimenticato di dirlo - ci sono la condivisione, il caos, la frammentazione: tutti ingredienti per un cocktail migliore di quello dei tempi di Mad Men". Già: pensate che la frammentazione è talmente alta che l'agenzia di David (oggi forse il pubblicitario più famoso al mondo) ha solo tre sedi - non grandissime - a NY, New Zealand e Australia. Ai tempi dei Mad Men, uno così famoso avrebbe costruito un impero, o peggio, una multinazionale. Mi sono sempre chiesto se David Droga avrebbe avuto lo stesso successo anche con un altro nome e cognome. E la risposta è stata tutte le volte no, ma questo non c'entra con il post. (via Studio)

Elvis has left the building.

martedì 27 marzo 2012

Si può imparare la creatività?



Sappiamo benissimo che la creatività non si può "imparare" (il verbo non riesce nemmeno a stare insieme alla parola, quindi proprio non si può), ma ogni tanto qualcuno butta giù una lista di attività, informazioni, trucchi o suggerimenti per facilitarla. Per renderla quantomeno possibile. Per diventare ricco facendo credere che si possa quindi insegnarla. Quasi sempre si tratta di liste inutili. Per una volta ho trovato un decalogo in cui - almeno personalmente - mi ritrovo in buona parte. L'ha scritto Johan Leher, che però non è un creativo di nessun genere, è piuttosto uno studioso. Creativo, possiamo aggiungere. Le 10 regole d'oro (riporto da Ninja Marketing) sarebbero:

 1. Alzarsi all’alba perché quello è il momento più propizio del giorno
  2. Sognare ad occhi aperti, astraendosi dalla situazione reale
  3. Pensare come un bambino
  4. Lavorare fuori dallo schema abituale
  5. Vivere all’estero per qualche tempo
  6. Lavorare circondati dal blu, il colore che aiuta a rilassarsi
  7. Evitare i meeting e lavorare lontano dalla propria postazione di lavoro
  8. Sorridere, per stimolare le intuizioni
  9. Non utilizzare termini tecnici, che limitano il pensiero
10. Spostarsi in una grande città

Come vediamo nessuna di queste regole prevede un insegnamento di nessun genere. Ergo, la creatività si potrà forse imparare, ma di certo non si può insegnare. Da quanto ho potuto notare io sono certamente saggi consigli il 3, il 4 e il 7, che in qualche modo si compenetrano e si assomigliano. La 2 è tautologic. La 1 è ottima per scrivere il libro di Johan Leher. La 6, finalmente, è Disbanded. E super anni '80. In conclusione: se la prossima volta mi date la lista segreta di John Lasseter, di John Lennon, di Picasso, ma va bene addirittura quella di David Droga, me la leggerò con molto più piacere.

Elvis has left the building.

domenica 25 marzo 2012

Scrivere per sopravvivere.




Uno degli esercizi più comuni e più vecchi per gli aspiranti copy è sempre stato quello dei cartelli da mendicante. Ricevi un brief tipo "fai 5 cartelli da cieco", e butti giù delle suppliche più o meno spiritose, a volte non spiritose ma solo efficaci. Non si usa quasi più ma ne sono stati prodotti a migliaia. Qui sul blog di Bogusky trovo questo interessante trailer per un piccolo e promettente documentario sui cartelli da mendicante, però quelli veri, realizzato sulla base di una collezione personale di Alex in persona. Provate un leggero fastidio al pensiero del ricco pubblicitario che compra cartelli dei mendicanti e poi ne fa un film? Non siete i soli. Ma resta sempre vera la frase che viene pronunciata durante il trailer: certe volte, quando non hai veramente nulla, tutto ciò che hai in mano sono quelle poche parole messe insieme nel modo migliore. E poi i cartelli sono stati pagati bene dal ricco skateboarder di Boulder: 10 dollari l'uno. Piuttosto, per passare a generazioni meno hip, la leggenda racconta che un giorno David Ogilvy vide un homeless con un cartello poco convincente; ci pensò su, e il giorno dopo tornò con un cartello molto più bello ed efficace, scritto di suo pugno. La leggenda dice che il mendicante guadagnò subito più di prima. Io sarei entrato in depressione. Per passare a cose più serie, mi piace segnalare questa iniziativa dell'ADCI che mette a disposizione dei lavoratori del settore oggi in difficoltà un consulente del lavoro che risponderà live alle domande dei lavoratori del settore. Cosa c'entra questo con i mendicanti? C'entra, c'entra.


Elvis has left the building.

mercoledì 21 marzo 2012

Padri in mutande. Una storia tragica.



Ognuno sostiene che la musica valga una certa percentuale nella riuscita di uno spot. Il grande Paul Arden ci diceva che valesse l'80%, amando le esagerazioni. Guardate questi divertenti spot per dei condizionatori (Silver al prossimo Cannes, secondo il Mago Ted, e magari anche di più): sapete cosa sarebbero senza il Requiem K. 626 di Mozart? Divertitevi ad abbassare il volume e provateci i Daft Punk, o i Vanilla Fudge, e vedrete svanire un argento per sempre. Aveva ragione Paul: bisogna sempre fare la scelta meno ovvia se si vuole rimanere impressi. Agenzia Del Campo Nazca Saatchi Buenos Aires.

Elvis has left the building.




venerdì 16 marzo 2012

Scomparso Macchianera.



La definizione e la chiarezza di questa foto segnaletica (giornale locale, Brooklyn) mi fanno pensare che l'uomo scomparso non verrà mai più trovato.




Elvis has left the building.

venerdì 9 marzo 2012

La case history Joseph Kony.



Questo documentario di circa mezz’ora realizzato da Invisible Chlidern e intitolato Kony 2012, ha una curiosa missione: far diventare Joseph Kony (un ribelle ugandese responsabile di vari crimini contro la popolazione civile) famoso. In questo modo, sostiene la voce fuori campo, tutti lo conosceranno e finalmente anche i governi mondiali si sveglieranno dal loro torpore. Il documentario è stato messo in rete il 5 marzo, e ha 40 milioni di visite solo su YouTube. La cosa che mi ha spinto a metterlo qui non è tanto accrescerne la diffusione di qualche centinaia di visite, quanto la struttura stessa di questo video: è realizzato, pensato e montato come una di quelle case histories che si vedono a Cannes. Anche troppo "pubblicitario" se vogliamo. Ma porta con sé una bella idea di partenza (un insight, diremmo noi): far diventare famoso un assassino; non troppo diverso dal fare diventare famoso il cancro, o una malattia sconosciuta, o i numeri delle morti del sabato sera, o le conseguenze del fumo o di certe droghe. Far "diventare famoso" qualcosa è del resto quasi sempre uno dei compiti della pubblicità. Ma c'è qualcosa che stona in tutto questo video, ed è forse proprio il tono usato, l'eccessiva cura, l'uso dei bambini (che peraltro sono le prime vittime di Kony, il quale fa uso di bambini-soldato). Non mi stupirei se fosse stato commissionato dal governo americano, per dire. L'unica cosa certa è che ha funzionato: e oggi Joseph Kony è milioni di volte più famoso di quanto non lo fosse il 4 marzo.


Elvis has left the building.







giovedì 8 marzo 2012

Fellini scrive a Kubrick, 1968.




Nel 1968 era appena uscito "2001 Odissea nello Spazio". Fellini ne restò talmente impressionato da mandare a Stanley Kubrick un sms con una faccina e un mms che lo ritraeva fuori dal cinematografo, oltre a questo telegramma che è l'unico pezzo sopravvissuto della conversazione.

Elvis has left the building.

lunedì 5 marzo 2012

Plot.







Non lo direste mai a chi appartiene la trama di questo macabro, Disbanded movie.

Elvis has left the building.

venerdì 2 marzo 2012

The Bansky Vs. Robbo war.





Tutta la timeline della rivalità dei due writers/artisti, più il tragic epilogo, qui. Una piccola veduta filmata, qui. 

Elvis has left the building.