giovedì 3 aprile 2008

Paul Arden ha preso il taxi.


Oggi è morto Paul Arden, una delle teste più dolci, sensibili e illuminate che il mondo della pubblicità e dell'arte abbia mai conosciuto. Era un regista, uno scrittore, un artista e un ex-pubblicitario del periodo di gloria della Saatchi UK. Ne avevamo parlato qui, in occasione dell'ultimo lavoro che abbiamo avuto la fortuna di fare con lui. Luca Albanese ed io gli raccontammo della nostra decisione di lasciare la Saatchi di Roma e di aprire The Name. Curiosamente gli era piaciuto tantissimo il nome, e ci aveva lasciato questa perla di saggezza Disbanded: "Assumete solo persone più brave di voi". Restano a ricordo definitivo di una delle più belle persone mai incontrate in vita mia, una manciata di libretti assolutamente da avere, dei film girati con lui, e una foto scattata nel suo giardino nel Sussex. Il suo ultimo libro si chiamava God explained in a taxi ride. Buon viaggio, Paul.


Elvis has left the building.

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare
mi porto un po' della tua ghiaia
un po' del tuo sale azzurro
un po' della tua infinità
e un pochino della tua luce
e della tua infelicità.

Ci hai saputo dir molte cose
sul tuo destino di mare
eccoci con un po' più di speranza
eccoci con un po' più di saggezza
e ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare.

N.H.

Ale ha detto...

Un intervistatore con una gamba di legno disse a Frank Zappa: "Con quei capelli lunghi, da dove sono seduto, potresti essere una donna".

Frank Zappa rispose: "Da dove sono seduto io, tu potresti essere un tavolino".

Questi erano Paul Arden e Frank Zappa.

Da "Qualunque cosa pensi, pensa il contrario" di Paul Arden

Anonimo ha detto...

"ad un cliente dai sempre quello che per te è bello, non quello che ti chiede, se saprai dargli un perchè, vedrai che cambierà idea, e il tuo bello gli piacerà"
era qualche anno fa, alta montagna, a far buchini nella neve. Paul mi prese da parte e mi diede questo unico grande insegnamento, parole semplici, indimenticabili, che mi hanno aiutata a camminare da sola.
...it's how good you want to be.
Grazie "nonno" Paul.
C.

Anonimo ha detto...

paul è stato per me la persona più importante di questo scalcinato mondo in cui lavoro. un esempio di stile, di eleganza senza tempo e senza fronzoli. gli volevo bene, come un nipote a suo nonno.
ciao nonnaccio, mi mancherai.
l.

Ted ha detto...

Purtroppo è anche una parte di questo mondo e di questa professione che se ne va via per sempre. Vecchie generazioni di artisti/poeti, di un tempo in cui fare il "creativo" aveva (immagino) tutto un altro significato.

Anonimo ha detto...

L'arte di trasfomare situazioni comuni in magia.
Non ho avuto il piacere di conoscerlo, ma mi ha fatto innamorare dei suoi lavori, regalando valore e senso al mio.

Anonimo ha detto...

Minchie che settimane emmerda. Fortunato te che l'hai consociuto e ci hai lavorato. A proposito, ma allora perche' non mi hai assunto? Ci ho ragione vero Paul? Cosa? A s, scusa, sono un amico di Ted. Ah, si scusa, hai ragione come lui non ce n'e'.

Ted ha detto...

Paul Arden nel bellissimo ricordo di Bob Isherwood.
Copio e incollo:


PAUL ARDEN.

Anyone who ever worked with Paul Arden was lucky.

If you only learned one thing from him it was, don’t be boring. He was never boring, his work was never boring, meeting him was never boring, lunch with him was never boring, even playing chess with him was never boring.

He led a creative department at Saatchi’s that was stuffed with talent. But no matter how talented anyone was, Paul never let them rest on their laurels. He believed completely that you’re only as good as your next idea. Your reputation was pretty much worthless in his eyes.

He was capable of the most outrageous behaviour. Tearing finished artwork into scraps of useless cardboard minutes before it was due to go off to publications because it wasn’t good enough.

Hiding out at his country cottage with edits of commercials he didn’t think should be aired.

Delivering a presentation on creativity which consisted of Paul simply standing on a stage while a string quartet played a piece of Beethoven behind him.

But all of this boiled down to one thing. Inspiration.

Even the account handlers who had to explain ripped up artwork or missing films were ultimately inspired by Paul.

His child-like enthusiasm was infectious.

He made everyone strive to be better and different. He instilled a profound distaste for the ordinary and the obvious.

He had a pathological aversion to the normal and saw compromise as about the dirtiest word in the dictionary.

Both of these because he cared passionately about creativity.

He also cared deeply about people. It’s said that he paid out of his own salary for someone who had had serious personal problems to join the creative department, simply because he believed in this person when others didn’t.

He inspired the timid to dream outrageously. Deflated prima donnas. Verbally shredded the unambitious.

Paul could be harsh in his criticism.

But praise from Paul was golden, because he made sure this currency retained a very high value.

He would sometime stride into your room brandishing an ad and ask with sphincter-agitating ambiguity, “Who did this?” You couldn’t tell if you were about to be praised or scorched.

After you admitted your guilt/proud ownership, you still couldn’t tell which way it was going. Paul, with his characteristic hesitancy would say, “It’s f..f..f..” Was it fantastic or something else?

Paul could be a funny man too. But not always on purpose.

Watching a rough cut of a Castlemaine XXXX commercial, Paul started to laugh like a drain at a piece of not intentionally funny dialogue. The film ended and, between fits of laughter, Paul asked, “what did he say?”

Paul was unpredictable, but you could rely on one thing with him.

That everything he touched would have elegance, extraordinary style, impeccable taste and total surprise.

This week, we’re saying goodbye to a unique human being. As different as he wanted everything around him to be.

Ted ha detto...

Correggo: il ricordo era del suo ex-collega Richard Mayers, e non di Bob Isherwood. Mi pareva strano infatti.

Anonimo ha detto...

Un grande. Rileggo il suo libro: Non conta volere, ma volere contare. Spesso. Un saluto, Valter.