martedì 10 giugno 2008

Un'idea, uccidiamola!

Disbanded test #2:



Elvis has left the building.

44 commenti:

Anonimo ha detto...

FEAR

Anonimo ha detto...

Bang bang! ma se si uccide, poi l'effetto è questo?

http://www.bigpainters.com/displayimage.php?album=126&pos=4

... scherzo. e' un paralogismo. L

Anonimo ha detto...

Per quanto riguarda la mia breve esperienza in agenzia, gli uccisori di idee erano tutti, receptionist esclusa.
A partire dall'account junior che, per paura di sembrare senza carattere, cercava sempre di fare la critica intelligente (che secondo me non ha mai fatto). L'account senior faceva la stessa cosa, perché spaventato dal pensiero di non riuscire a vendere l'idea al cliente. I capi, uomini di marketing, quasi ti sgridavano se fornivi un punto di vista diverso su una cosa, perché lo vedevano come uno spreco di tempo e materiali. Il direttore creativo, al quale sono comunque molto affezionato, mi ha segato tante idee che ho messo in portfolio lo stesso e all'esterno sono state apprezzate. I miei colleghi, sapendo che tutti ci avrebbero ammazzato le idee, non volevano perdere tempo nella costruzione di lay-out che sarebbero stati sicuramente cestinati.

Anonimo ha detto...

oh la la! che mondo disbanded!
ma se guardassimo le cose da un altra prospettiva?

http://www.youtube.com/watch?v=eTcSAUz_f6Q

... L

INSY LOAN E LO STATO DELLE COSE ha detto...

ti prego TED, commenta tu la nuova campagna del gheivillag che se lo faccio io mi dicono che sono di parte (per intenderci, il preservativo a confronto è un capolavoro di comunicazine e creatività).
INSY

Ted ha detto...

Ho visto un 6x3 con dei Playmobile che scendono dal cielo e un payoff tipo "La normalità è bella"?

Ho pensato la stessa cosa.

Anonimo ha detto...

Innanzitutto direi che il primo idea killer dovrebbe essere il creativo stesso. Se un'idea fa cagare, dovrebbe essere chi l ha pensata a ucciderla per primo. Percio' nn basta innamorsi di un'idea e proteggerla a tutti i costi se prima non si e' riempito un muro di idee e si e' fatta gia una bella auto scrematura. una volta che le idee hanno superato l arduo giudizio del creativo allora si sviluppano tutti i possibili argomenti per difenderla.
In genere il direttore creativo dovrebbe aiutare nel giudizio e nella presentaione agli account. Poi naturalmente c'e' sempre chi trova qualcosa da ridire ma credo quando un'idea e' valida e ben protetta nn e' facile buttarla giu'. Quando l'anno scorso sono stato a New York, un mio amico faceva uno stage alla saatchi&saatchi. Allora c'era ancora Tony Granger. Questo mio amico mi racconto' che agli account non era neanche permesso entrare nel reparto creativo, Tuttavia prima che un'idea arrivasse a Tony doveva passare almeno per altri 3 CD. Non e' un caso che saatchi&saatchi New York fu nominata agenzia dell anno a Cannes. ciao a tutti

Sal

Ted ha detto...

Lo credo che non gli era permesso: la S&S di NY aveva un budget milionario a disposizione per produrre/fare uscire campagne apposta per i premi. TG è un grandissimo, sia chiaro, ma la sua missione era/è: fare campagne per vincere premi. Vere o finte poco cambia.
In questa ottica, gli account davvero non avrebbero avuto senso in quelle stanze.

Anonimo ha detto...

in che senso vere o finte? Non conosco il grandissimo, ma sarei curiosa di vedere un suo spot. L

Anonimo ha detto...

ha un stile. Si vede che lavora in stanze dove c'è luce! vado L

Anonimo ha detto...

si brava vai. chiudi la porta a butta la chiave.
minchiacheppalle. ma non taci mai?

fabio ha detto...

scusa Ted, ma 5 voci su 7 riguardano
il luogo in cui si "producono" idee. non sarebbe il caso di parlare di suicidio?_f

Stefano Lombardini ha detto...

forse il peggio non è nemmeno quando una grande idea ha una morte veloce e pietosa, ma quando tutti sono complici nel torturarla fino a renderla irriconoscibile:

www.youtube.com/watch?v=RIulsnRGelU

ad esempio, non oso immaginare che cosa sarebbe accaduto in italia a quella del film epuron postato qui sotto...

X "Era meglio se ero nato a Londra"

Anonimo ha detto...

mi preoccupa che sia così alta la percentuale che ha votato "il direttore creativo".
Pensavo accadesse solo in un posto.

vix ha detto...

l'evenienza più triste - per la mia esperienza - si verifica quando, fiaccato da innumerevoli tentativi di oltrepassare il muro del Client-orientedly correct con qualcosa che non si accomoda nella gabbia, è il creativo stesso che abortisce una potenziale idea, intervenendo, contrariamente alle leggi del pensiero creativo/generativo, direttamente sull'embrione - fresco, libero, irrazionale - con la mannaia del giudizio logico. Senza dargli neanche la possibilità di fare un respiro, di espandersi, di trovare un genitore in adozione.

Beh, forse era meglio se ero nato a Londra. Ma magari là facevano fa' l'account.

Ted ha detto...

Molto triste e molto vera la considerazione di fab.
Ci lamentiamo tanto, ma poi siamo soprattutto internamente noi a farci del male.
Come giustamente osservato anche da vix.
Sottoscrivo in pieno.

Anonimo ha detto...

ANONIMO, pensavo la stessa cosa quando ho preso le chiavi stamattina

http://www.youtube.com/watch?v=jsjPYHqiW1Y&eurl=http%3A%2F%2Fdekku%2Eblogspot%2Ecom%2F

L

Anonimo ha detto...

Mi spiace ma per mia esperienza personale il voto va dritto dritto agli account.

Troppo spesso gli ho visto fare il loro lavoro al contrario, ossia convincere noi creativi che i commenti del cliente sono giusti e fondati e se in qualche modo potremmo andargli incontro.

Devono capire che il loro lavoro è esattamente il contrario: convincere il cliente che le idee dei creativi sono buone(quando lo sono ovvio).

Anonimo ha detto...

Ciao Ted, sono marco carnevale. Darò la risposta che forse ti aspetteresti meno da me: il cliente. E' lui (o lei) che impone le regole: fare come fanno gli altri, fare dei test demenziali solo per pararsi il culo, andare in onda non per cambiare lo scenario ma per adeguarsi ad esso, ripetere a se stesso, ai suoi sottoposti e all'agenzia che la pubblicità "serve a vendere" (non è più vero almeno da cinquant'anni: oggi serve a qualcosa di più, a creare un pregiudizio positivo o addirittura a "fare esistere"). E' solo di conseguenza che i capi delle agenzie, gli account, i creativi, i direttori creativi e i vicedirettori creativi sono tanto spesso dei ciarlatani, dei cagasotto, dei plagiatori di serie b, degli uomini (e donne) senza qualità, degli egoriferiti patologico per i quali io non è il soggetto ma l'intero discorso, degli indossatori di capini cool o di wonderbra che ricordani i tubi innocenti che sostenevano il giubbotto del cantante degli spandau ballet. Succederebbe lo stesso alla ferrari, se i suoi clienti cominciassero a chiedergli sempre e solo city car "grandi dentro e piccole fuori" per la donna multitasking di oggi che vive la performance. Un saluto.

Anonimo ha detto...

Vix, concordo in pieno. Aggiungerei solo un'altro triste aspetto della cosa: i creativi che non si piegano a questo malato modo di lavorare, che non accettano l'autocastrazione delle idee, che non si arrendono a fare cose brutte sì ma che incontrano i gusti del cliente, beh, si ritrovano a non veder uscire un loro lavoro anche per due o tre anni. Io ci sono passata. E non solo io. E per uno che fa questo mestiere è la cosa più frustrante che possa capitare. Più frustrante perfino del vedere il proprio nome su un comunicato stampa abbinato a qualche obbrobrio. Purtroppo succede anche questo nelle agenzie italiane. Non in tutte, ma in molte sì.
Io ho preferito passare due anni senza neanche un lavoro uscito che chinare il capo. E questo, beffa nella beffa, non ha fatto che attirare le antipatie di molti all'interno dell'agenzia (agenzia, ci tengo a precisare, considerata mooolto creativa). Insomma, il cliente ha un grande concorso di colpa, ma l'origine del male è sempre e solo lì, in agenzia.

Ted ha detto...

Ciao Marco,

ci siamo tutti piegati - chi più chi meno, che poco chi tanto - ai clienti che tengono in piedi l'agenzia.
La voce "Il cliente" io quasi non la volevo inserire nel test, perché è fin troppo ovvio che tra i mestieri del cliente ci sia pure quello di mirare bene e poi sparare alla tua idea.

Però c'è da distinguere, secondo me.
Il cliente incancrenito, quello con cui ormai l'agenzia ha un rapporto logorato, pessimo, irrisolvibile. E lì c'è poco da fare. Ma mi sembra invece che a volte siano le agenzie stesse a fare harakiri, a non provarci nemmeno, a sprecare le occasioni d'oro che hanno tra le mani, a non sfruttare quella pagina intera o quel 30" che hanno a disposizione. E allora consegnano al cliente quello-che-lui-probabilmente-vuole. Secondo me invece un tentativo (anche due) di imporre il proprio punto di vista, un'idea, va sempre fatto.
Nel nostro piccolo noi ci stiamo provando. Ti faccio un esempio, ben consapevole di risultare antipatico: domenica escono due film per i telefoni 3. Vedrai subito che non sono quello-che-il-cliente-probabilmente-voleva. Sono quello che noi pensavamo dovessero fare a questo punto. Non andranno a Cannes e nemmeno all'ADCI, ma sono un buon lavoro per un cliente che non era esattamente il sogno di ogni creativo, che è visibile, che paga gli stipendi, eccetera.
Il tipico cliente con il quale - in una visione miope - un'agenzia non ci avrebbe nemmeno provato.
E allora io ti dico che il cliente per me è solo l'ultimo anello nella catena delle colpe. Per primo viene il paese in cui viviamo e le condizioni di arretratezza culturale e miopia in cui si trova, poi a cascata tutto il resto, in una bolgia in cui vittime e colpevoli sono mischiati in un mega-polpettone Disbanded.

Un saluto, grande Marco.

Anonimo ha detto...

E'sacrosanto affermare che la responsabilità della pubblicità è del cliente che la paga.

Quel cliente italiano che nella multinazionale che lo stipendia ricopre un ruolo irrilevante, in un mercato secondario dove nessuno hai mai pensato una strategia diversa da quella della casa madre.

Forse anche questo cliente vorrebbe stare a Londra.

Vanessi ha detto...

Non per far "lo cagacazzo" ma scrivere "se ERO nato a Londra ERA meglio" mi suona cacofonico... ma immagino sia voluto.
Bel post, bravo...
:-DD

Anonimo ha detto...

Facciamo il tifo per voi, Ted.
Non stento a credere che, con la vostra gestione, 3 non ci ammorberà più con fighette più o meno discinte e script cerebrolesi che la stessa Littizzetto si vergogna di recitare.

Chissà perché, ma a volte basta che cambi l'agenzia e la comunicazione di uno stesso cliente migliora sensibilmente.

Segno che, forse, la responsabilità della merda che ci soverchia non è tutta nella sola categoria dei clienti (gliene attribuirei, al massimo, il 79,99%).

good luck

Anonimo ha detto...

talvolta le idee nascono morte.

altre volte si suicidano.

vix ha detto...

caro guido

un po' di sano ottimismo,

ma anche - e soprattutto - la volontà di non arrendersi, possono aiutarci.
Non rinunciare ad esprimere un'idea creativa, incuranti delle reazioni castranti, sberleffanti, o addirittura punitive - vedi suellen - è la prima cura.
Anzi, credo, la conditio sine qua non è possibile avvengano delle deviazioni dal meanstream, per non arrivare all'idea dell'inversione del senso di rotta.
resistere, resistere, resistere.

Anonimo ha detto...

Di nuovo io, marco. Per carità Ted: quello che dici sul ruolo dell'agenzia non è solo giusto e condivisibile, ma da me (da noi tutti qui) assolutamente e disperatamente messo in pratica ogni giorno e su tutti i fronti, compresi i clienti "impossibili"; anche se con risultati non sempre brillanti.
Se il trenta per cento delle agenzie italiane lavorassero con lo stesso atteggiamento non verrebbe voglia di versare dei pesticidi negli acquedotti ogni volta che si accende la tv. E' verissimo.
Però è dura. Verrebbe da dire troppo dura. Fare la pubblicità in un paese in cui nessuna azienda (o quasi) sceglie l'agenzia in base alla qualità del lavoro creativo, in cui quasi tutti gli spender credono che la gente creda davvero alle promesse razionali degli spot, in cui gli inserzionisti comprano delle pagine intere di quotidiani mettendoci sopra dei frame televisivi senza testo (e spesso senza titolo) perché "la gente non legge" sembra più una dimostrazione di surviving estremo che un mestiere. Certi giorni torno a casa con la sensazione che l'immersione in apnea in un tale oceano di stupidità e incompetenza mi abbia intaccato irrimediabilmente le sinapsi. E' una cosa degradante. Mi viene sempre in mente una cosa che scrisse tempo fa Pasquale (Barbella): "la pubblicità italiana sembra il frutto di cervelli rosicchiati dai topi". Mi pare che sia proprio così; come mi pare che le eccezioni siano sotto gli occhi di tutti, compresi i topi stessi.

fabio ha detto...

Anche se il nostro maggio
ha fatto a meno del vostro coraggio
se la paura di guardare
vi ha fatto chinare il mento
se il fuoco ha risparmiato
le vostre Millecento
anche se voi vi credete assolti
siete lo stesso coinvolti.

E se vi siete detti
non sta succedendo niente,
le fabbriche riapriranno,
arresteranno qualche studente
convinti che fosse un gioco
a cui avremmo giocato poco
provate pure a credevi assolti
siete lo stesso coinvolti.

Anche se avete chiuso
le vostre porte sul nostro muso
la notte che le pantere
ci mordevano il sedere
lasciamoci in buonafede
massacrare sui marciapiedi
anche se ora ve ne fregate,
voi quella notte voi c'eravate.

E se nei vostri quartieri
tutto è rimasto come ieri,
senza le barricate
senza feriti, senza granate,
se avete preso per buone
le "verità" della televisione
anche se allora vi siete assolti
siete lo stesso coinvolti.

E se credente ora
che tutto sia come prima
perché avete votato ancora
la sicurezza, la disciplina,
convinti di allontanare
la paura di cambiare
verremo ancora alle vostre porte
e grideremo ancora più forte
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti,
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti.

dedicata al piccolo cliente che si cela in ognuno di noi_f

Anonimo ha detto...

se ho ben capito la maggioranza degli interventi sogna agenzie modello kamikaze.
ogni volta che un cliente ti sega un'idea lo si manda affanculo.
finiti i clienti si chiude l'agenzia e se ne riapre un'altra, con i soldi del narcotraffico.
e via così. puri alla meta.
oppure si sposa un miliardario e, senza più problemi di stipendio a fine mese, si lavora solo per pub, videoteche, jeanserie e no profit, sfornando annunci one shot da urlo. gratis.

Anonimo ha detto...

Sì, ammetto che non sarebbe male. Sposare un miliardario intendo...
Se poi il miliardario ha anche un'agenzia di pubblicità è fatta!

vix ha detto...

cara womaninprison

il tuo sarcasmo è apprezzabile, ma mi sembra un po' ad effetto. a me sembra che la maggioranza di noi - in questo blog, eh, non vorrei esagerare - esprima semplicemente un disagio, una frustrazione, ma che sia altrettanto consapevole delle necessità di sopravvivenza dell'agenzia. teniamo famiglia, più o meno tutti. o le rate dell'harley. o entrambe le cose.

Ted ha detto...

Marco sono come sempre totalmente d'accordo con te.

Mi pare infatti che quanto scrivi (e quanto scrivesti a suo tempo in un celebre articolo intitolato "perché l'Italia non vince a Cannes") confermi appunto che il problema non sono tanto "i clienti", quando quello che c'è sotto, dietro e intorno.

Anonimo ha detto...

Manca una voce: Brutus.

fabio ha detto...

quale frà? Lucio o Marco?_f

Anonimo ha detto...

Anche Giuda, manca. Per Bruttu figghiu e puttane, era quello delle pugnalate. Insomma, il killer sta dietro a te. Sempre. Quindi mai calare le braghe. Mai.

fabio ha detto...

ti dirò frà, alla fine sembra sempre - e solo - una questione di prezzo. di che marca sono le tue mutande?_f

Anonimo ha detto...

Io penso che bisogna prescindere dalla nostra cultura.
Non si può andare a Cannes a vincere quando abbiamo un paese ridotto uno schifo.
Non è finto allarmismo, è la pura verità.
La situazione non si vede perchè conviene un po' a tutti. E comunque la cultura è cultura: quanti persone dicono di essere atei ma poi fanno vita cattolica? E' cultura.

Andiamo in Inghilterra (ma non solo lì) e vediamo i ragazzotti fuori dalle balle a 18 anni,a guadagnarsi la pagnotta (non la parrocchia). Qui non si può, o meglio it's possible, ma babbo deve da caccià li dindoli.
La cultura proiettata sulla famiglia ha fatto sì che si faccia tutto in famiglia. Ora però non voglio divagare.

@Marco, della tua attenta riflessione, fatta sul perchè l'Italia non vinca a Cannes, mi è rimasta in mente una frase:

"Secondo me l'Italia non vince a Cannes, perchè ha l'economia più criminale di tutto l'occidente".

Ecco, secondo me da questo spunto si potrebbe partire.
Come si fa a pretendere una cosa semplice, come il buon funzionamento della creatività, da un paese complesso come il nostro?

Giacomo Leopardi disse:
"Gli Italiani sono il popolo più cinico d'Europa."

Cazzo è colpa nostra.

Arrivederci

Mr. Beck

Anonimo ha detto...

Paul Smith, of course. Parlo delle mie mutande.

fabio ha detto...

come dire: calarsi le braghe si può. ma scon stile, please!_f

ps: sul nuovo post si parla del bisteccone!
annamo a magnà che é mejo.

Anonimo ha detto...

Ma secondo voi, chi lo decide che la cara estinta era un'idea meritevole di vivere?
Un conto è quando hai a che fare con gente che stimi, in primo luogo direttori creativi illuminati (e ci sono, lo giuro sul mio attuale d.c., poco illuminato), più raramente ma non impossibile con clienti non fulminati: hai sempre da imparare, anche da una "segatura" che non condividi; anzi, spesso nasce qualcosa di ancora meglio. Un altro paio di maniche è quando hai a che fare con un dc che non stimi, perchè finge di saperne più di te, già frustrato di suo, incompetente e con un ego smisurato, che ti sega le tue idee solo perchè vuole mandare avanti le sue, giustificandosi con la scusa che lui sa cosa vuole il cliente. Bene, io mi trovo in questa situazione: da una "scuola di pensiero" aperta e stimolante, mi ritrovo in una situazione dove sulla carta vogliono "idee nuove" ma se le vedono si fanno il segno della croce e guardano al cielo, dicendo "ma tu te lo vedi il cliente tal dei tali con questa campagna"? E siccome dal cliente ci vanno loro, con le idee che il cliente si aspetta, tutto procede come previsto. E quando vedi che per creatività intendono cose che se le fa un giovane alle prime armi gli dici di cambiare mestiere o di far l'account, capisci che parlare non serve più. E che anche stavolta qualcosa morirà in silenzio.

fabio ha detto...

secondo me é la situazione contingente che uccide. che poi sia un'idea o un pedone sulle strisce pedonali non fa differenza.

ad esempio mi é capitato di vedere cassare idee
che erano "troppo in brief", paradossale vero? ma credo succeda di peggio, soprattutto dalle parti dei bastioni di Orione_f

ps: hey Ted, perché hai tolto il panzone? era bellissimo!!!

Anonimo ha detto...

Per i junior:
A volte l'ideas-killer interno delle vostre proposte non è un direttore creativo poco coraggioso bensì la vostra temporanea inesperienza: presentate idee né buone né cattive, ma semplicemente inapprovabili perché incomprensibili ai più, inclusi voi. A che serve imbufalirsi contro il direttore creativo cinico e baro? meglio semmai incaponirsi a cercare insight e strategie che restino integre anche se spiegate in breve. Se no, segno che non funzionano.
La lista delle idee del post del 5 giugno insegna come si presenta un'idea internamente. Idea espressa in sei o sette parole: e solo dopo le possibili declinazioni.
Ma soprattutto, non iniziate mai parlando di regia, di fotografia e di montaggio :-)

Anonimo ha detto...

che tristezza. Parole che volano come scampoli di cose rappezzate, senza un'anima. Come quando piove e il cielo è arido. una miriade di fili di pioggia scolorano il paesaggio. Paradossi della vita.

Trouble in mind.
AniN (...)

Anonimo ha detto...

I miei 2cents volevano significare che la corsa quà è al ribasso, in pochi sfidano le convenzioni e il muro della medietà.

Guardate le città tappezzate di carta straccia colorata e assemblata male e la televisione inondata di fesserie compresse in formato pocket (30 o 15" che sia). Nella migliore delle ipotesi la gente ci ignora. Nella peggiore ci odia. Nessun giornalista scriverebbe mai un articolo sulla vita di un pubblicitario (lo farebbe su tutti, dal banchiere all'architetto, per non parlare di designer e giovani imprenditori web). Siamo OUT, perché produciamo cultura OUT.

Il problema di noi pubblicitari, non solo italiani, è che siamo la retroguardia dei contenuti media.

Il nostro commercial, qualunque forma abbia, si spera la meno prevedibile possibile, compete non con altri commercial, bensì con il videoclip più hot di MTV, il bel post sul blog preferito, il sito web interattivo à la ABSOLUT, il viral su youtube, la puntata di LOST inedita, il reportage su WIRED e la festa dell'ADCI di ieri.

Se non capiamo questo continueremo a paragonare
mele marce con pere marce, con l'unico risultato certo di una dissenteria fulminante.

Mi piace ricordarvi, per fare l'ottimista quale sono, la frase di Eddy Van Halen: "siamo tutti Mozart con le mani legate".